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Il contributo di oggi è stato realizzato da Marta Bonucci, redattrice di FASI.
Presentata a Milano l’edizione 2022 dell'Annuario della Sostenibilità, un prodotto editoriale di NSA Srl Unipersonale che raccoglie oltre 400 realtà che si occupano di CSR e sostenibilità nelle aziende per censire un settore popolato da professionisti, consulenti e freelance. L’opera editoriale sarà divulgata entro qualche settimana e sarà acquistabile tramite QR code. Progettazione sostenibile, comunicazione e misurazione i temi al centro dell’evento di presentazione dell’annuario, introdotto e moderato da Maria Grazia Persico, direttore editoriale di nonsoloambiente.it.
Una progettazione sostenibile allunga la vita dei prodotti
Parlare di sostenibilità significa parlare di prodotti progettati e realizzati per consentire la transizione verso un futuro sostenibile. E in tal senso “il design è fondamentale”, ha dichiarato Laura Badalucco, Professore Ordinario di Design presso l’Università Iuav di Venezia. Il design, nella progettazione tanto del prodotto che del packaging, può infatti aiutare ad accelerare la transizione verso la sostenibilità in due modi. Il primo riguarda la cura del prodotto, prosegue Laura Badalucco: “un buon design ci avvicina a prodotti che abbiamo piacere ad avere con noi, cui ci affezioniamo e che per questo diventano più durevoli”. Di conseguenza, “un buon design, attento all’economia circolare e alla sostenibilità, dà vita a prodotti di qualità”. Il secondo aspetto chiave riguarda la capacità di un buon design di permettere un cambiamento di abitudini, in cui si può “immaginare che non solo il possesso - a lungo considerato un elemento di grande valore, soprattutto in Italia - ma anche la condivisione di un prodotto rappresenti un grande valore; la progettazione dei prodotti può quindi aiutare i consumatori ad apprezzare la condivisione dei prodotti”. Assunto che vale anche per l’imballaggio, che così “diventa un media per farci capire qualcosa su se stesso e sul prodotto”.
Il ruolo chiave della comunicazione per evitare greenwashing e green hush
Ma la progettazione da sola non basta, occorre comunicare il cambio di paradigma per sensibilizzare i consumatori. E la comunicazione va realizzata con grande attenzione affinché non si incorra in due errori purtroppo ancora diffusi. Il primo e più noto è il greenwashing, legato spesso a una comunicazione eccessivamente entusiastica della sostenibilità che non corrisponde (o non del tutto) al vero, sottolinea Badalucco. L’altro, non meno ricorrente, è il cosiddetto green hush, vale a dire una ridotta comunicazione di ciò che le aziende fanno e dei benefici che ne derivano. “A volte ci sono aziende bravissime, che portano avanti percorsi legati alla sostenibilità, alla circolarità e alla rigenerazione ma che, per un eccesso di rigore, non li comunicano. È un peccato, perché comunicare quel che si sta facendo non solo a chi consuma, ma anche al resto della filiera (ad esempio a chi produce componenti) diventa fondamentale per accrescere il percorso di multi-circolarità dei progetti”, conclude.
Dalla culla alla rinascita: come la misurazione aiuta il percorso della circolarità
Una progettazione circolare ha anche bisogno di riferimenti univoci affinché i consumatori possano orientarsi tra le diverse tipologie di prodotti e fare le loro scelte in modo oculato. “Per la prima volta l’Italia lavora insieme alla ISO e porta le istanze delle aziende italiane per tarare questo standard anche sulla realtà italiana”, sottolinea Grazia Barberio, responsabile della sezione di supporto al coordinamento delle attività sull'economia circolare ENEA. “Dobbiamo fornire ai consumatori gli strumenti per comprendere le prestazioni di un prodotto e lo standard potrà dare un criterio di base fruibile per tutti. Sarà importante misurare il livello di circolarità attraverso un riferimento univoco per tutti”. Un riferimento che permetta di avviare un approccio ai prodotti che non risponda più all’ormai superato concetto ‘dalla culla alla tomba’ ma permetta di realizzare un cambio di passo, quello che Barberio chiama “dalla culla alla rinascita”, in un’ottica circolare. “Dobbiamo fornire ai consumatori gli strumenti per comprendere le prestazioni di un prodotto e lo standard potrà dare un criterio di base fruibile per tutti”.
Economia circolare: l’Italia va bene, ma può ancora migliorare
Nel rapporto sull’economia circolare curato dal Circular Economy Network si evince che l’Italia è al primo posto, assieme alla Francia, nella classifica delle 5 principali economie europee per circolarità. Nel 2020 il tasso di utilizzo circolare della materia nell’Unione Europea è stato pari al 12,8%: l’Italia è arrivata al 21,6%. Dati citati da Grazia Barberio per sottolineare l’importanza di proseguire su questa strada ma anche di migliorare in ambiti in cui siamo ancora in ritardo. Due in particolare: da un lato la riparazione, dall’altro la biodiversità “che ancora percepiamo come tema marginale. Le strategie di economia circolare possono ridurre del 50% le emissioni soprattutto in alcuni settori, come il manifatturiero”. In tal senso si inquadra la piattaforma italiana per l’economia circolare (ICESP - Italian Circular Economy Stakeholder Platform), nata con l’intento di creare una rete che portasse in Europa le eccellenze italiane.
La sensibilità delle aziende italiane ai temi della sostenibilità è cresciuta, ora serve un cambio di passo delle istituzioni
Non solo i dati sull’economia circolare fotografano un Paese che ha a cuore il tema della sostenibilità, anche la sensibilità delle aziende, in tutti i settori, è decisamente aumentata negli ultimi dieci anni. O, per dirla con le parole di Giuseppe Coccon, Advisor Communication e PR di AVIO, “ha fatto un salto quantico”. Una sensibilità che “va di pari passo con un cambio di paradigma nelle aziende del nostro Paese, mutuato anche da un approccio anglosassone: le aziende stanno facendo un cambio epocale nella selezione delle persone (si sta passando dalla logica del profitto alla condivisione degli obiettivi con l’azienda) e allo stesso tempo si sta passando dal concetto di utente al concetto di persone, da utente a cliente”. Quel che serve adesso è “un cambio di passo da parte delle istituzioni”. La ragione è semplice ed è principalmente economica: “Il costo che un’impresa deve affrontare per fare sostenibilità è elevatissimo, ed è un costo che spesso le piccole imprese non possono permettersi. Quindi dal punto di vista istituzionale è importante una presa di coscienza per supportare le imprese affinché possano realizzare un percorso di sostenibilità concreto”. Allo stesso tempo anche le aziende possono fare un altro passo in avanti, passando “dallo storytelling allo story making: le cose che raccontiamo devono avvenire davvero”.
La sostenibilità come valore etico
“Una marca non è di proprietà dell’impresa ma di tutto il genere umano. Partendo da questo assunto, la sostenibilità diventa un concetto fondamentale per l’impresa per posizionare la sua marca e far sì che porti del bene al mondo”, sottolinea Alessandro Ubertis. “La sostenibilità è una delle vie per tornare a parlare di valori etici, valori etici che portano utili. In un’economia matura come la nostra le persone non compra il prodotto ma compra la differenza” che quel prodotto può fare.
Turismo e ambiente, un binomio inscindibile
“Per il settore turismo l’ambiente è parte del prodotto”, dichiara Maurizio Davolio, presidente di AITR, Associazione Italiana Turismo Responsabile. L’associazione, che dal 1998 promuove la diffusione e opera per l’affermazione della cultura, dei principi e delle pratiche di turismo sostenibile e responsabile, ora si trova ad affrontare una sfida nuova per il settore: “Siamo nati per diffondere principi, idee e buone pratiche. Ora dobbiamo anche occuparci della difesa di questi aspetti e mettere in guardia da un ricorso improprio a certe terminologie” e dal greenwashing.
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