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Resta aperto il dibattito sull’ingresso dei titoli legati alla produzione di armi nei portafogli Esg. Da dicembre ad oggi lo scenario si è ribaltato, infatti, se nel 2021 la sostenibilità rischiava di mettere ai margini il mercato delle armi, oggi sono i lobbisti a chiedere l’ingresso nella Tassonomia Ue. L’ago della bilancia è la guerra in Ucraina.
Non può esserci una “guerra green", o forse sì. È notizia dei primi giorni di aprile la volontà di escludere dai portafogli di finanza sostenibile le azioni dei produttori di armi, anche se rispettano i criteri ESG. Tuttavia, il peso delle lobby ha infine influito sulle riflessioni dei decisori, rendendo incerte le prossime regole di mercato. Alcuni manager credono nell'esclusione, come il responsabile di Esg research di Ubs, Vicky Kalb, palesemente contrario all’ingresso nei titoli sostenibili, o Eric Pederson di Nordea Investment (il principale istituto finanziario della regione nordica) che ha ricondotto il problema all’allargamento della tassonomia Ue a gas e nucleare. La Head of Institutional and International Business Development di Etica Sgr, Arianna Magni, ha ribadito la necessità di mantenere un approccio etico (da intendere anche come buono socialmente) dei nuovi modelli di sviluppo impegnati a contaminare il settore finanza. L’invasione russa dell’Ucraina ha evidentemente riscritto gli equilibri di mercato, ha fatto abbassare - secondo gli esperti - l’interesse per i titoli Esg dedicati a sociale ed ambiente, comunque considerati mainstream, per preferire quelli legati alla difesa. Questo scenario preparerebbe il campo alla riscrittura delle regole suggerendo, probabilmente, l'inserimento dei titoli legati alle armi nei portafogli di finanza sostenibile. Un’opinione a favore arriva ad esempio dal Regno Unito dove l’amministratore delegato di Newton Investment Management, Euan Munro, ha dichiarato al Financial Times: “La sicurezza è un bene comune in cui i portafogli Esg potrebbero o dovrebbero investire”. Inoltre, secondo la stampa specializzata, l’Unione Europea starebbe ricevendo pressione da parte dei produttori di armi affinché le loro attività siano comprese nella tassonomia ed è addirittura diventata notizia l'ipotesi di inserire nel programma anche l'attività di imprese produttrici di armi in violazione delle convenzioni internazionali (bombe a grappolo e nucleare).
A dicembre del 2021 il Financial Times evidenziava un forte contrasto tra produttori di armi e investitori socialmente consapevoli. Alle lobby dei produttori era richiesta una maggiore sostenibilità nell’alimentazione degli aerei da combattimento o dei carri armati e contestualmente veniva richiesta maggiore trasparenza nella fase di produzione e di vendita. Condizioni a cui gli operatori non era disposta a stare, tanto da scrivere alla Comunità europea evidenziando come, i criteri di sostenibilità richiesti rischiassero di mettere fuori gioco il loro mercato e in definitiva un comparto di cui gli stati hanno comunque necessità.
Ad esprimersi a favore dell'inclusione proprio lo scorso dicembre è stato inoltre Alessandro Profumo, ex presidente del Monte dei Paschi di Siena e ex amministratore delegato di Unicredit. Nel ruolo di amministratore delegato di Leonardo (partner di Agenzie Industria Difesa da dicembre 2021), Profumo ha spiegato al Financial Time: “Già banche e investitori stanno tagliando i legami con l'industria ed è importante che le iniziative sulla finanza sostenibile non siano in contraddizione con altre politiche dell'UE". Le misure dell'UE dovrebbero “riconoscere l'importanza dell'industria [...]. La difesa fa parte della sostenibilità e come tale va riconosciuta. Senza sicurezza non possiamo avere sostenibilità”.
É, dunque, necessario domandarsi: esisterà una "guerra green"?
#SustainableTalks: Favini
19 Maggio 2022Iscriviti alla nostra Newsletter!
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