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Presentato il rapporto sulla sostenibilità negli acquisti delle principali aziende italiane, bene le policy di sostenibilità, mancano strumenti di controllo delle catene di fornitori e formazione.
È stata presentata a Roma l’edizione 2021 del Sustainability Monitor Report, promosso da Fondazione Ecosistemi con Confindustria e Buygreen Community, la rete delle grandi imprese partecipate pubbliche Italiane che si impegnano ad adottare sistemi di procurement più sostenibili. Il rapporto, che si è proposto di mappare le strategie in ambito di sostenibilità degli acquisti di 192 aziende (estratte dal rapporto Mediobanca sulle principali imprese italiane) si è concentrato sulle azioni intraprese per la formazione dei dipendenti, l’adozione di criteri sociali nella scelta dei fornitori, l’adozione di indicatori adatti al monitoraggio degli acquisti green e sulle strategie di valutazione delle aziende partner in ambito di sostenibilità ambientale e sociale.
Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri, il vicedirettore della rappresentanza della Commissione UE in Italia, Vito Borrelli, e delegati di Confindustria, ENI, Poste Italiane, Terna ed Invitalia. In linea con quanto emerso dall’indagine, i rappresentanti delle aziende presenti hanno evidenziato una netta ripresa dell’attenzione verso le tematiche green e di sostenibilità, dopo un periodo pandemico in cui le aziende hanno modificato il proprio approccio al mercato, in un’ottica di adattamento alle restrizioni covid e ai cambiamenti nella vita quotidiana di milioni di persone. In tal senso è stata vista la crescita nell’adozione dei sistemi di rendicontazione green nella gestione degli acquisti (il 54,2% degli intervistati dichiara di avere una strategia “consolidata” in merito), la crescita nel ricorso a standard come l’eco-labelling (al momento riguardante circa il 10% dei prodotti sul mercato business-to-business, ma con una tendenza in crescita netta), e la certificazione esterna della sostenibilità dei prodotti, con standard come la ISO 14001.
In netto contrasto, invece, il ricorso a sistemi di monitoraggio della sostenibilità lungo le catene di fornitura, con solo il 33,3% degli intervistati che ritiene di avere una policy consolidata ed il 29,2% del campione totale che dichiara di avere una policy “inesistente” (4,2%) o “in fase di avvio” (25%).
Emerge altrettanto chiaramente un bisogno di formazione in ambito sostenibilità, con solo l 25% del campione intervistato che si dichiara soddisfatto della formazione ricevuta, mentre il 50% dei rispondenti giudica insufficiente la propria preparazione in merito a criteri ambientali e sociali da adoperare nell’ambito degli acquisti ambientali.
Dopo le presentazioni dei case history delle aziende rispondenti, che hanno evidenziato le misure intraprese nell’ambito dell’adattamento a novità come la rendicontazione di sostenibilità con standard come i GRI e metodologie come il Green Public Procurement, si è parlato di normativa Europea, che, con l’adozione del Green Competence Framework ha riconosciuto le competenze in ambito sostenibilità come fondamentali per lo sviluppo delle aziende nel prossimo decennio, e di PNRR, che, includendo il principio “Do no significant harm” tra i criteri di valutazione dei progetti proposti, vincola le aziende ad una rigida rendicontazione del proprio impatto ambientale per consentirne la partecipazione alle iniziative finanziate.
Le imprese, secondo Gabriella Forte, Responsabile pianificazione strategica di Invitalia, hanno finalmente recepito la sostenibilità come un “elemento di competitività” e non come una semplice “ideologia”. Della stessa opinione il direttore della fondazione Ecosistemi, Silvano Falocco, che ha sottolineato come l’adozione di nuovi standard, legislativi e aziendali, sia da accogliere con ottimismo, e come le “trasformazioni concrete dell’operare quotidiano” siano la chiave per un “miglioramento oggettivo delle condizioni globali”.
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