Ultime Notizie
In Italia il PIL pro capite cresce meno dell’1%, la mortalità aumenta e il tessuto imprenditoriale non è ovunque dinamico nelle Città metropolitane.
I fondi per la coesione territoriale garantiti dalla Comunità Europea continuano a puntare l’obiettivo di ridurre il divario tra il PIL pro capite delle regioni meno sviluppate e quello delle regioni più sviluppate dell’Unione. Tra le statistiche rilevanti contenute nell’8° rapporto sulla Coesione, Economica, Sociale e Territoriale, pubblicato lo scorso 9 febbraio, spicca una proporzione secondo cui all’aumentare dei fondi disponibili è aumentata anche la potenzialità produttiva delle regioni europee economicamente in difficoltà.
I fondi sono passati dal 34% al 53% degli investimenti pubblici in 13 anni (dal 2007 al 2020 attraverso le varie programmazioni) provocando, ad esempio, una riduzione della popolazione europea a rischio povertà ed esclusione sociale. Tali fenomeni potrebbero interessare circa 17 milioni di soggetti. Le stime future prevedono un aumento medio del PIL europeo del 5 % o più e l’insorgenza di profonde differenze tra i vari Stati. Le aree dell’Europa Orientale crescono maggiormente rispetto il resto dei paesi ammessi al fondo, mentre le regioni sud-occidentali stentano o vivono una fase di declino economico. Secondo l’analisi del rapporto, alcuni territori risentono ancora delle conseguenze della crisi del 2008 ed inoltre dell’assenza di riforme efficaci nel settore pubblico, di un mancato miglioramento delle competenze della forza lavoro e dell’assenza di una più forte capacità innovativa. Questi elementi, sebbene l’Europa le raccomandi da tempo, non sono mai stati pienamente sviluppati e supportati.
E’ questo il caso dell’Italia, stato che per intero, insieme alla Grecia, qualche regione di Spagna, Portogallo e Francia (Isole Baleari, Alentejo, Area metropolitana di Lisbona, Franche-Comté e Limousin) ha riscontrato una variazione percentuale di PIL inferiore all’1% e quindi lontana dal 5 per cento stimato. Ad eccezione delle regioni di Basilicata, Emilia-Romagna, Lombardia e la Regione Autonoma di Bolzano, in Italia il PIL pro-capite è in calo. Il dato peggiore arriva dall' Umbria, dove l’abbassamento è dello 0,69%, mentre il calo minore interessa il Veneto ed è del -0,03%. Nelle quattro regioni italiane su citate l’aumento è comunque inferiore all’1%: in Basilicata si ferma allo 0,42%, Emilia Romagna allo 0,02%, Lombardia allo 0,17%, nella Provincia Autonoma di Bolzano allo 0,63%. Romania e Bulgaria crescono a ritmi maggiori dell’Italia. In base alla teoria economica secondo cui una crescita più rapida del PIL avviene nelle zone dove il livello iniziale di PIL è minore, il Sud dell’Italia dovrebbe far registrare delle performance, ma, al contrario, staziona in una posizione di svantaggio. L’ottava relazione sulla Coesione rapporta il Sud Italia a Romania e Bulgaria.
Volgendo lo sguardo verso il 2050, la Commissione ammette anche le difficoltà portate in aggiunta dal Covid-19. Il tasso di mortalità, ad esempio, è cresciuto rispetto gli ultimi cinque anni del 13% e nonostante gli sforzi d’azione del fondo, il Covid-19 ha soprattutto messo in difficoltà le regioni che già lo erano. L’Italia e la Spagna, entrambe profondamente colpite dalla cosiddetta prima ondata, contano un tasso di mortalità del 17% superiore. Un ulteriore dato negativo viene registrato per l’imprenditoria italiana. Nella maggior parte degli Stati membri, il numero di imprese rapportato alla popolazione residente è più alto nelle regioni metropolitane della capitale. Secondo le stime, l’Italia ospita circa 25-29 aziende per 1.000 abitanti in grado di offrire attivamente lavoro in un contesto centrale e quindi dinamico per l’imprenditoria e l'occupazione. La media è interessante, ma non uniforme su tutto il territorio e spesso anche sbilanciata verso la presenza di solo 17-20 grandi imprese nelle città metropolitane. La crisi sanitaria ha - come detto - messo nuovamente alla prova la coesione europea in tutti i suoi ambiti ed in particolare in sanità, lavoro, istruzione, società. Per questo motivo la politica di coesione europea sarà impegnata a guardare con fiducia al lungo periodo, tenendo aperta la porta del dialogo sulle scelte da compiere. Lo farà “non solo nei prossimi anni, ma nei prossimi 30 anni”, si legge nell’8° rapporto sulla Coesione Europea.
Iscriviti alla nostra Newsletter!
Sei un sostenitore dell'ambiente in tutte le sue forme? Allora sei nel posto giusto!
Iscriviti subito!