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Intervista a Roberto Della Seta di Circonomia.
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A settembre si è tenuto ad Alba la sesta edizione di Circonomia, il Festival Nazionale dell'Economia Circolare e delle Energie dei Territori di cui lei è Direttore artistico. Durante l’evento è stato presentato il Rapporto di Circonomia secondo cui l’Italia è ancora molto indietro in termini di produzione di energia da fonti rinnovabili. Al di là delle riforme e degli investimenti contemplati nel PNRR, cosa si potrebbe fare a suo avviso per poter dare una svolta al settore in Italia?
L’Italia tra i grandi Paesi europei è quello le cui difficoltà economiche sono più profonde e strutturate ma anche uno di quelli, come mostra il Rapporto di Circonomia, che ha maggiori titoli per puntare sull’economia circolare, sulla transizione ecologica, come antidoti sia alla crisi climatica e in generale ai problemi ambientali, sia al rischio di un declino socioeconomico irreversibile. Per esempio, siamo il Paese europeo dove si riciclano più rifiuti (oltre il 75% del totale) e uno di quelli dove ogni euro di Pil prodotto costa di meno in termini di risorse naturali consumate.
Invece nella diffusione delle energie rinnovabili, fronte decisivo della transizione ecologica, siamo in ritardo. La penetrazione di tecnologie come le pompe di calore o il solare termico risultano ancora marginali in quasi tutti i Paesi europei, ma in ambedue i casi l’Italia ha prestazioni ben inferiori alla media europea e ai livelli dei principali Paesi europei, sebbene da noi le condizioni climatiche siano particolarmente favorevoli in particolare all’energia solare. In generale, va poi rimarcato che la crescita delle rinnovabili – sia nel settore elettrico che nel termico – in Italia è oggi trascinata quasi soltanto dai consumi domestici; così, nel campo del solare fotovoltaico di uso residenziale e civile il dato italiano è tra i più elevati d’Europa, sebbene inferiore ai dati che si registrano in altri Paesi come la Germania o il Belgio.
I “nodi” che finora hanno frenato un vero decollo delle energie pulite riguardano soprattutto la farraginosità e disomogeneità del quadro burocratico e regolatorio: la lunghezza esasperante degli iter autorizzativi, la larga differenza degli standard normativi da regione a regione, scoraggiano di fatto le imprese e gli stessi operatori finanziari dall’investire nelle nuove energie. Nell'ultimo anno sono state introdotte alcune modifiche - dalla semplificazione dell'iter per l'ammodernamento di impianti esistenti alla possibilità di accesso ai meccanismi di incentivazione del Decreto Fer 1 per gli impianti che non hanno acceduto allo “spalma-incentivi” volontario, fino all'introduzione delle “comunità energetiche” di produttori/consumatori - ma il rilancio del mercato delle rinnovabili richiederebbe interventi assai più sistematici.
Attualmente stiamo assistendo a due fenomeni: l’economia circolare posta al centro delle politiche programmatiche nazionali e comunitarie, dall’altra parte il rischio di un uso approssimativo e talora del tutto improprio del concetto di “sostenibilità”. Quali potrebbero essere a suo avviso delle valide contromisure per dare sostanza al cambiamento in senso “green” di produzioni e consumi evitando le insidie di un “green washing” di sole parole?
Io credo sia molto importante l’educazione ambientale. Serve introdurre e implementare nella scuola percorsi di educazione ambientale che traducano la complessità tecnico-scientifica della transizione ecologica in un linguaggio che rimanga rigoroso ma sia divulgativo. Occorre insomma formare cittadini consapevoli, che non siano permeabili a un’informazione inesatta, se non addirittura ingannevole. Come ha scritto Michael Mann nel suo ultimo libro “La nuova guerra del clima”, chi si oppone per interesse alla transizione ecologica mette in campo forze imponenti per disinformare. Visto che negare la crisi climatica non è più credibile, ora si punta su altro: si sostiene l'inevitabilità della catastrofe, si demonizzano le energie rinnovabili perché rovinerebbero il paesaggio – come se qualche pala eolica fosse più antiestetica di un’autostrada o di una centrale a carbone -, si promuovono false soluzioni come il nucleare “pulito”, che a oggi non esiste, o l’idrogeno prodotto con il gas naturale, dunque con quelle stesse energie fossili che alimentano la crisi climatica.
Roberto Della Seta
Nato a Roma, presidente di Legambiente fino al 2007 e poi parlamentare (Pd) dal 2008 al 2013. Attualmente senior partner e direttore scientifico di eprcomunicazione e direttore insieme a Roberto Cavallo del Festival nazionale dell’economia circolare Circonomìa. Giornalista e storico, è autore di libri sul movimento e il pensiero ecologisti (“La difesa dell’ambiente in Italia”, 1999; “Dizionario del pensiero ecologico”, 2007), sulla storia delle idee politiche del ‘900 (“Patria, un’idea per il nostro futuro”, 2010; “Dal rosso al nero, Cento anni di socialisti e comunisti passati a destra”, 2021), sulla storia urbanistica (“I suoli di Roma”. Uso e abuso del territorio nei cento anni di Roma capitale”, 1990; “La sinistra e la città”, 2013).
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