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Per la nuova rubrica "L'angolo del Comitato Scientifico" dedicata a commenti e approfondimenti di natura istituzionale e aziendale, pubblica e privata, oggi viene pubblicato il contributo di Maurizio Davolio, Presidente Associazione Italiana Turismo Responsabile.
Il turismo responsabile, principi, buone pratiche, cenni sull’Associazione AITR
La critica al turismo si sviluppò negli Anni ’90 nel contesto dell’accresciuta sensibilità della scienza, della politica e anche dell’opinione pubblica mondiale per i temi ambientali.
In precedenza, vi era scarsa consapevolezza in merito al pesante impatto ambientale generato dal turismo, fenomeno economico e sociale collegato ad aspetti leggeri della vita, il riposo, il divertimento, il recupero dei rapporti familiari e personali, eventualmente con un po’ di trasgressione. Negli anni ’90 studiosi, ambientalisti e qualche giornalista cominciarono a mettere in evidenza le cosiddette patologie del turismo, in particolare nei paesi del Sud del Mondo: i pesanti danni ambientali causati dalle cementificazioni delle spiagge, la distruzione delle mangrovie e delle barriere coralline, il consumo eccessivo dell’acqua per i villaggi turistici a danno dei villaggi della popolazione locale, lo stravolgimento della vita locale a causa della esportazione di comportamenti illeciti e immorali (consumo di droga, abuso di alcol, prostituzione, riciclaggio di denaro di provenienza criminale, fino allo sfruttamento sessuale dei minori e delle minori); in parallelo lo sviluppo del turismo raramente produceva gli effetti promessi e attesi. Si manifestava spesso il fenomeno del leakage, la perdita del guadagno: rispetto alla somma pagata dal turista per il viaggio, ben poco restava nelle tasche della comunità locale, almeno l’80% andava all’agenzia di viaggio cui il cliente si rivolgeva, al tour operator, alla compagnia aerea, al resort di proprietà di investitori esteri e al loro management, ai grossisti stranieri che fornivano i prodotti alimentari.
Alla comunità locale restava l’occupazione nei resort e alberghi ai livelli medio-bassi, un po’ di commercio di souvenir, le esibizioni folcloristiche in cui molto spesso veniva offerta ai turisti, curiosi ma privi di senso critico, la staged authenticity, la falsa autenticità messa in scena ad uso turistico.
Dalla critica si passò all’elaborazione di proposte diverse, partendo dall’assunto che un altro turismo fosse possibile: un turismo rispettoso dell’ambiente naturale e della cultura locale, di cui fanno parte per esempio le consuetudini, le credenze, gli stili di vita, il riconoscimento della sovranità della popolazione locale nelle scelte che riguardano lo sviluppo anche turistico dei territori dove vivono.
Il principio generale è che i turisti, avendo pagato, hanno ovviamente il diritto a ricevere servizi adeguati, possibilmente di buona qualità, ma devono sempre ricordare che si troveranno in casa d’altri e dovranno adeguarsi al diverso contesto ambientale e culturale.
L’Associazione Italiana Turismo Responsabile (AITR) si costituisce nel 1998 dopo tre anni di incontri e di riflessioni fra i promotori. L’aggettivo “responsabile” associato a turismo non esisteva, mentre già da qualche anno si parlava di turismo sostenibile. Venne scelto dopo lunghe discussioni, preferito a solidale, consapevole, equo che pure erano stati presi in considerazione. Anche in altri paesi si andavano costituendo entità analoghe, ma con delle differenze molto consistenti: mentre in altri paesi le entità che si occupavano di turismo responsabile avevano una composizione ben definita e omogenea (gruppi di organizzatori di viaggio, istituti di ricerca, associazioni orientate alla denuncia e alla sensibilizzazione) AITR fu costituita da soggetti molto eterogeni, associazioni ambientaliste e culturali, piccoli tour operator, ONG impegnate in progetti di cooperazione allo sviluppo, qualche editore, cooperative. L’eterogeneità riguardava anche le dimensioni e le matrici culturali, politiche e religiose dei promotori e degli altri soggetti che si aggiunsero nei primi anni.
Il denominatore comune era ed è la condivisione di un sistema valoriale e l’impegno a diffondere i principi e le buone pratiche del turismo responsabile a prescindere dalle attività, dalle dimensioni, dalle origini di ciascuno. In AITR inoltre fin da subito si raggiunse la consapevolezza che il turismo responsabile non doveva restare un fenomeno di nicchia, ma aprirsi al dialogo con tutta l’industria turistica, con l’obiettivo di avvicinarla il più possibile, sia pure gradualmente e forse anche parzialmente, ai principi e alle buone pratiche del turismo responsabile. Avremo occasione di ritornare su questo tema.
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