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A lanciare l’allarme è stata a inizio anno Isabel Schnabel, economista e accademica tedesca, uno dei cinque membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea con la delega alla responsabilità per le operazioni di mercato.
La transizione verso l'economia verde, ha spiegato intervenendo all’American Finance Association Virtual Meeting 2022, “pone un serio rischio al rialzo per l'inflazione a medio termine”, perché le politiche contro il cambiamento climatico promosse dalle istituzioni europee manterranno alti i prezzi dell'energia per un lungo periodo. Le rinnovabili, è il senso del ragionamento di Schnabel, non potranno infatti rimpiazzare in tempi rapidi i combustibili fossili e, dunque, la velocità con cui i grandi paesi del mondo hanno deciso di affrontare la transizione rischia di diminuire la disponibilità di approvvigionamento energetico, con una conseguente impennata dei prezzi.
Tassi da alzare o no?
Secondo la funzionaria dell’organismo di Francoforte, la situazione che si sta venendo a creare potrebbe quindi “costringere” presto la BCE ad alzare i tassi di interesse, proprio per contrastare la spinta inflattiva. Una scelta, quest’ultima, che rischierebbe però paradossalmente di rendere più costosi i finanziamenti per le imprese nel settore green, frenando così lo sviluppo di un settore chiamato invece a completare celermente quella transizione, da un mix energetico basato sui combustibili fossili ad uno a basse o a zero emissioni di carbonio fondato sulle fonti rinnovabili, che una volta ultimata dovrebbe invece calmierare i prezzi energetici.
I costi degli investimenti in energie rinnovabili non posso aumentare
“La combinazione tra un’insufficiente capacità di produzione di energie rinnovabili nel breve periodo, investimenti nei combustibili fossili ridotti e l’aumento dei prezzi del carbonio ci pone davanti ad uno scenario che ci vedrà probabilmente affrontare un periodo di transizione potenzialmente prolungato, nel corso del quale le bollette aumenteranno. Se l’inflazione nel settore energetico durasse più a lungo della nostra attuale previsione di base, fino a che punto potremmo permetterci di ignorare un tale shock?” si chiede Schnabel. “L’approccio tradizionale della politica monetaria per combattere l’inflazione sarebbe quello di rendere i finanziamenti più costosi, aumentando i tassi d’interesse. C’è però un problema: questo incrementerebbe anche i costi per gli investimenti verdi, assolutamente necessari per completare una transizione di successo”, provano a spiegare Stanislas Jourdan, direttore esecutivo di Positive Money Europe, e Rens Van Tilburg, direttore del Sustainable Finance Lab all’Università di Utrecht, in un post ripreso da Il Sole 24 Ore. “Inoltre, sappiamo che gli investimenti in energie rinnovabili sono più sensibili al costo del capitale rispetto a quelli per i combustibili fossili. Quindi, l’aumento dei tassi d’interesse andrebbe a penalizzare le energie rinnovabili rispetto ai combustibili fossili. Per la BCE sarebbe difficile giustificare una tale contraddizione, visto soprattutto il piano d’azione per combattere il cambiamento climatico che ha recentemente adottato”.
L’orientamento della BCE
La BCE dovrà dunque valutare con molta attenzione le prossime mosse in tema di politica monetaria, cercando di individuare delle soluzioni che permettano di mantenere la stabilità dei prezzi senza rallentare i piani di transizione all’economia green, piani che se dovessero fallire metterebbero infatti in seria crisi la stabilità finanziaria del Vecchio Continente. Al momento la BCE, nonostante la forte ripresa economica che ha investito l’Unione nel 2021 dopo la crisi del 2020 provocata dalla pandemia, e malgrado un tasso dell’inflazione che è risultato a dicembre in crescita del 5% nell’eurozona (il record da quando è stata introdotta la moneta unica), non ha voluto mettere in atto una stretta alla politica monetaria. L’orientamento prevalente in senso alla banca presieduta da Christine Lagarde è dunque attualmente quello più ottimistico: la fiammata inflattiva si esaurirà nel giro di pochi mesi e oggi rimane dunque prioritario sostenere la fase espansiva dell’economia continentale.
Il peso dell’inflazione su imprese e cittadini
Gli esperti si dividono tra chi ritiene che l’aumento dei prezzi sia destinato presto a bloccarsi e chi invece ha una visione più pessimista e lo considera un fenomeno più strutturale, soprattutto per quello che riguarda la sua componente legata all’energia. Per ora l’unica certezza è che l’inflazione, così come l’incremento del prezzo di molte materie prime, è un problema ormai entrato a pieno titolo, per la sua rilevanza, nel dibattito pubblico e politico del Vecchio Continente soprattutto per le conseguenze che sta provocando sul mondo delle imprese e sulla vita dei cittadini. Un problema acuito oltretutto dall’inasprimento delle tensioni in Ucraina e dallo scontro diplomatico tra i paesi della Nato e la Russia, che potrebbe addirittura sfociare in un conflitto militare, con la conseguenza di una pressione sui prezzi energetici ancora più marcata.
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