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Prosegue la rubrica in collaborazione con ASLA, Associazione degli Studi Legali Associati, presieduta dall’Avvocato Giovanni Lega, Fondatore e Managing Partner di LCA Studio Legale. La rubrica ha ad oggetto il commento delle più importanti sentenze in materia ambientale da parte di alcuni Studi Associati aderenti ad ASLA.
Il contributo di oggi è stato fornito dall’Avv. Elena Felici di LCA Studio Legale.
E’ legittimo l’ordine di rimozione di rifiuti anche nei confronti del proprietario “incolpevole” quando lo stesso sia consapevole dello svolgimento di attività potenzialmente dannose da parte del conduttore e della presenza di rifiuti inquinanti all’interno della sua proprietà, e abbia omesso di attivarsi per verificare la liceità dell’attività condotta sul sito.
La decisione riguarda il caso, più volte sottoposto al vaglio del giudice amministrativo, relativo all’individuazione dei limiti entro i quali il proprietario di un sito contaminato o sul quale sono stati abbandonati rifiuti possa ritenersi responsabile insieme (o in alternativa a?) con il materiale esecutore dell’illecito. Nel caso in esame, il Consiglio di Stato conferma la decisione di primo grado del T.A.R. per il Veneto, che aveva ritenuto legittima l’ordinanza sindacale di rimozione di rifiuti emessa nei confronti del proprietario del capannone nel quale i rifiuti erano stati abbandonati dal sub-conduttore, che aveva continuato a detenere l’immobile sine titulo dopo la scadenza del contratto. Secondo l’opinione del Collegio, infatti, nella fattispecie esaminata era chiaro ed evidente, non solo che il proprietario avesse piena conoscenza dell’utilizzo (attività a elevato rischio ambientale) che il conduttore e i successivi sub-conduttori avevano fatto dell’immobile di sua proprietà, ma anche dell’occupazione sine titulo da parte del subconduttore che aveva mantenuto la detenzione dell’immobile per oltre 10 anni dalla scadenza dell’originario contratto di locazione, nonchè dell’esistenza di un deposito incontrollato di rifiuti. La prova di tale consapevolezza viene individuata dal Collegio (e dal Tribunale in primo grado) nell’esistenza di una scrittura privata tra le parti, in cui si dava specificamente atto dell’occupazione sine titulo del sub-conduttore e in cui erano previsti specifici obblighi di indennizzo e garanzie a favore del proprietario, in relazione a danni e a responsabilità, inclusa quella derivante da inquinamento ovvero da operazioni di bonifica e rimessione in pristino, che si fossero eventualmente rese necessarie, anche a seguito di attività di terzi immessi ancorché illegittimamente nel possesso del bene, ivi inclusa la previsione di una garanzia fidejussoria per i costi di smaltimento e/o bonifica. Alla luce, e sulla base, di tale conoscenza, ritiene il Collegio che il proprietario dell’immobile avrebbe dovuto non solo vigilare, ma attivarsi per il rilascio dell’immobile “dissociandosi dalla situazione materiale e giuridica della presenza dei rifiuti nel sito”.
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Ed infatti, secondo quanto statuito dal Consiglio di Stato, se è pacifico che il proprietario che non vigila sulla sua proprietà è responsabile per l’abbandono incontrollato di rifiuti operato da terzi, quando “omette quei doverosi controlli che -soli- potrebbero distogliere o impedire terzi soggetti dal compiere le condotte sanzionate dalla norma tra cui quelle di deposito incontrollato e di abbandono” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 marzo 2021, n. 239), a maggior ragione tale responsabilità non può non configurarsi “per il proprietario che locando un immobile e consentendone o comunque accettando e tollerando la sublocazione a terzi, sia pienamente consapevole che esso sarà destinato a ospitare rifiuti, non potendo allegare l’esistenza di autorizzazioni, se ed in quanto non si attivi in alcun modo per verificare la conformità dell’attività alle medesime” .
Non è la prima volta che la giurisprudenza, non solo amministrativa ma anche civile e penale, richiede ai proprietari un obbligo di attivazione specifico, estendendo di volta in volta il grado di diligenza richiesto. E così, è stato ritenuto responsabile il proprietario che non abbia “approntato l’adozione delle cautele volte a custodire adeguatamente la proprietà ovvero se ha mancato di denunciare alle autorità il fatto una volta conosciuto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 febbraio 2016, n.765)”; nonché il proprietario che abbia omesso quelle cautele che “ l’ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un’efficace custodia e protezione dell’area” per impedire, o quantomeno limitare, l’illecito sversamento o abbandono di rifiuti da parte di terzi (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 20 ottobre 2020, n 6326; Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2019, n. 3518); e ancora, quello che non abbia tempestivamente adottato misure preventive adeguate come sistemi di videosorveglianza, recinzioni e sistema di vigilanza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 26 gennaio 2021, n. 780: nel caso di specie si trattava di una pubblica amministrazione).
Ed ancora, in sede penale, il proprietario di un immobile su cui siano stati depositati rifiuti in modo incontrollato è stato ritenuto responsabile del reato di gestione illecita, “essendo tenuto a vigilare sull’osservanza delle norme in materia ambientale” (cfr. Cass. Pen. Sez. III, 4 aprile 2019 n. 27911), in linea con l’orientamento, formatosi in sede civilistica, in base al quale il proprietario è tenuto a controllare che dell’immobile locato si faccia un uso conforme alla legge.
Sebbene i fatti, nel caso di specie, giustifichino pienamente la soluzione adottata dalla decisione in esame, va osservato che un’estensione con portata generale del principio sopra enunciato rischierebbe di ampliare eccessivamente la portata della responsabilità dei c.d. “proprietari incolpevoli” ai quali verrebbe richiesto addirittura un potere di controllo e di intervento sull’attività di terzi, al fine di verificarne la conformità alla legge. Ci sembra che in tutti questi casi, nel valutare la responsabilità del soggetto non responsabile dell’attività illecita di abbandono di rifiuti, unitamente all’attenta valutazione delle circostanze di fatto vada sempre tenuto in considerazione quel principio di ragionevolezza e proporzionalità in più occasioni ritenuto essenziale dalla giurisprudenza al fine di escludere, in tali casi, la sussistenza di una responsabilità “da posizione” che contrasterebbe con l’enunciato dell’art. 192 d. lgs. 152/2006.
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