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Il decreto Semplificazioni ha introdotto nuove disposizioni per promuovere lo sviluppo dell’economia circolare, in particolare per quanto riguarda la gestione dei rifiuti
L’economia circolare sta diventando una realtà sempre più importante nella società in cui viviamo. Modelli di produzione e consumo sostenibili, basati sul riciclo e sul riutilizzo, sono infatti fondamentali per ridurre la produzione di rifiuti.
Anche in Italia, finalmente ci si comincia a muovere in questo senso. È proprio per questo che con il Decreto Semplificazioni sono state apportate delle modifiche al codice dell’Ambiente, che nelle intenzioni dovrebbero rendere più agevole la disciplina dell’End of Waste, di quel processo, cioè, che permette a un rifiuto di tornare a svolgere un ruolo utile come prodotto, perdendo quindi la qualifica di rifiuto.
I criteri per stabilire la cessazione di qualifica di rifiuto sono specificati a livello Comunitario, in particolare dall’articolo 6 della Direttiva 2008/98/CE, secondo la quale un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfa alcune precise condizioni:
- Può essere comunemente utilizzato per scopi specifici;
- Esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
- La sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
- L’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Prima del decreto Semplificazioni, in Italia il procedimento per giungere ad un provvedimento end of waste era lungo e macchinoso, dal momento che coinvolgeva sia gli enti locali sia il Ministero dell’Ambiente, che doveva presentare una validazione definitiva dei controlli: un iter burocratico complesso che, pur avendo un limite temporale definito, poteva durare fino a cinque anni.
Con la nuova modifica, invece, la funzione di controllo da parte del Ministero è stata abolita, e il compito di rilasciare il parere preventivo, obbligatorio e vincolante, sull’autorizzazione al riciclo dei rifiuti è affidato all’ ISPRA o all’ARPA territorialmente competente, che può anche effettuare controlli a campione.
Una misura, però, che non trova tutti d’accordo: secondo Stefano Leoni, della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, le competenze di ISPRA e ARPA sono prevalentemente tecniche, e questi enti potrebbero non essere in grado di entrare in specifiche valutazioni di merito, come la verifica della sussistenza di un mercato per determinati tipi di materiali, che dovrebbe essere compito delle amministrazioni locali. In secondo luogo l’abolizione del limite temporale al rilascio del parere definitivo potrebbe far allungare i tempi ancora di più.
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