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Intervista all'Avvocato Ermanno Vaglio, Associate Partner dello Studio Pirola Pennuto Zei & Associati.
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L’attenzione da parte del Legislatore nei confronti degli appalti pubblici negli ultimi anni è sempre più alta. Crede che la tanto agognata e decantata semplificazione delle procedure sia mera utopia o possa diventare concreta realtà?
Sono convinto che proprio la crescente attenzione al settore degli appalti pubblici condurrà inevitabilmente ad una semplificazione delle procedure. Certamente si tratta di mantenere un difficile equilibrio tra celerità e semplificazione e le necessarie garanzie per assicurare la scelta di operatori di mercato seri ed affidabili. Stiamo ancora assistendo a continue modifiche e aggiustamenti della disciplina sui requisiti soggettivi per la partecipazione alle gare; basti pensare alla discussa reintroduzione della rilevanza delle violazioni fiscali anche non definitivamente accertate o alle modifiche relative alle fattispecie che configurano il cosiddetto illecito professionale sia a livello normativo sia a livello delle linee guida ANAC, influenzate da interpretazioni non sempre univoche del giudice amministrativo.
D’altra parte, però, anche sulla spinta delle necessità connesse alla ripresa dalla pandemia, vi sono chiare evidenze della volontà del legislatore di concretizzare la semplificazione delle procedure, in un settore così complesso. Basti pensare al recente decreto semplificazioni e alla proroga delle sospensioni normative del decreto sblocca cantieri che fornirà ulteriore spunto di riflessione sulla loro effettiva utilità. È però a mio avviso indispensabile uno sforzo volto a garantire coordinamento e chiarezza delle norme, che proliferano sempre più e che spesso sono di difficile interpretazione proprio per l’irrealistico intento di voler prevedere diverse e specifiche regole e procedure per ogni situazione, ma che non potranno mai coprire le innumerevoli casistiche che ci offre la realtà pratica.
Nelle ultime settimane si vocifera presso le Istituzioni europee la stesura di un regolamento volto a creare uno strumento per gli appalti internazionali (IPI). Crede che possa essere un valido mezzo per combattere pratiche discriminatorie e restrittive nel mercato?
Ormai si tratta di un progetto concreto di cui si parla già da dieci anni e rimasto fermo per diverse vedute sul punto da parte dei diversi stati membri europei. Il 21 marzo 2019 il Consiglio europeo ha invitato l’Unione a riprendere le discussioni per la definizione di questo International Procurement Instrument che dovrebbe effettivamente garantire una concorrenza leale all'interno del mercato unico e a livello mondiale per promuovere la crescita economica e la competitività, in linea con gli interessi strategici a lungo termine dell'Unione tenuto conto che questo settore degli appalti rappresenta una quota pari a circa il 14 % del prodotto interno lordo dell'UE.
In questa direzione già il 13 agosto 2019 sono state pubblicate le linee guida della Commissione europea sulla “partecipazione di offerenti e beni di paesi terzi al mercato degli appalti dell'UE” in cui si fa riferimento ad accordi già esistenti sugli appalti pubblici concluso nel quadro dell'Organizzazione mondiale del commercio che assicurano a circa 20 paesi un accesso garantito agli appalti pubblici in Europa, nonché ad altri strumenti esistenti volti a garantire rapporti di reciprocità fra Stati a livello globale. Proprio in questi mesi gli ambasciatori presso l'Unione europea hanno concordato un mandato per i negoziati con il Parlamento europeo su un regolamento volto definire uno strumento che contribuirà a mio avviso efficacemente ad affrontare l'assenza di condizioni eque nei mercati degli appalti a livello mondiale.
Esiste quindi già una bozza di regolamento che si applicherà ad appalti superiori ad una certa soglia (si parla di 15 milioni per i lavori e 5 milioni per forniture e servizi) e che consentirà all'UE di limitare o escludere, caso per caso, l'accesso ai suoi mercati degli appalti pubblici da parte di operatori economici originari di paesi che applicano misure restrittive o discriminatorie alle imprese dell'UE, con l’utilizzo di previsioni concrete e non solo di principio che consentiranno, ad esempio, alle amministrazioni sistemi di adeguamento del punteggio, in caso di offerenti di paesi terzi.
L'IPI non dovrebbe essere visto come una sorta di rappresaglia o una chiusura del mercato europeo ma come una leva negoziale necessaria per aprire i mercati degli appalti dei paesi terzi e garantire l'accesso e condizioni di parità alle imprese dell'UE in tali mercati. Il Parlamento europeo dovrà ora adottare la sua posizione, ma teniamo conto che la strada potrebbe essere ancora lunga considerato che la bozza del regolamento fa anche riferimento alla necessità di adottare un atto attuativo dello stesso che richiederà i suoi tempi.
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