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Intervista a Roberta Boscolo, Responsabile Scientifico per Clima e Energia Organizzazione Mondiale della Meteorologia.
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A seguito di GECO Expo - la prima fiera virtuale italiana che unisce la sostenibilità al turismo esperienziale, alla mobilità e all’energia, tenutasi dal 28 al 30 gennaio - abbiamo avuto l'occasione di intervistare Roberta Boscolo, Responsabile Scientifico per Clima e Energia Organizzazione Mondiale della Meteorologia.
I cambiamenti climatici hanno indubbiamente anche un grande impatto anche dal punto di vista economico, e l’Europa si trova ad essere un punto di riferimento per quanto riguarda sostenibilità, innovazione e azione climatica. Qual è, invece, lo spaccato dell’Italia nel 2021? Che situazione troviamo nel Paese per quanto riguarda transizione energetica e Green Deal europeo?
Con il lancio del Green Deal, l’Europa sta avanzando, a livello mondiale, la sua leadership nella transizione verde. Nella corsa verso la neutralità climatica che il blocco delle nazioni Europee ha fissato di raggiungere nel 2050, l’Italia deve fare la sua parte e imperativamente usare il Recovery Fund, inter alia, per investire in fonti di energia pulita, rinnovabile e sostenibile. Dall’inizio della pandemia COVID-19, e quindi da circa un anno, l’Italia ha continuato a investire in generazione di energia per combustione fossile (petrolio e gas) circa 80% del budget dedicato alla sicurezza energetica nazionale. Negli ultimi cinque anni, l’Italia si è stabilizzata a solamente un 16% di utilizzo di fonti rinnovabili nel totale di generazione energetica. Per confronto, la Spagna ha raggiunto un 26% e la Svizzera un 50%. L’Italia, così come molti paesi dell’Unione, è virtuosa nell’uso efficiente dell’energia che ha portato a una diminuzione delle emissioni di gas ad effetto serra di circa un 20% dai livelli del 1990.
Se la rivoluzione verde sta facendo fatica a partire a livello paese, il settore privato di piccole e medie imprese cosi come le startup e le realtà locali stanno dimostrando più coraggio e agilità nel saltare sul treno della sostenibilità. Per quanto riguarda l’ambito della ricerca e innovazione, che è il campo che conosco di più, l’Italia conta con centri di ricerca molto competitivi sia a livello europeo che mondiale. I ricercatori italiani hanno saputo accedere ai fondi europei stanziati per l’azione climatica nel marco del programma Horizon 2020 per posizionarsi come forza innovativa e pilastro per il cambiamento. La lezione appresa durante questo periodo di COVID-19 è quella di affidarsi alla scienza per trovare le soluzioni migliori. La stessa lezione vale per il cammino verso la sostenibilità e l’attuazione dell’azione climatica: l’Italia ha le capacità e le conoscenze scientifiche per cominciare efficacemente la transizione energetica e implementare il Green Deal nel nostro territorio.
Il Suo ruolo è quello di consigliare i governi e le imprese a raggiungere gli obiettivi di adattamento e di mitigazione del clima basandosi sulla conoscenza scientifica. Quali sono le maggiori difficoltà che ha riscontrato, nella Sua carica di Responsabile Scientifico Clima&Energia?
I maggiori ostacoli che riscontro nel mio lavoro sono fondamentalmente due. Il primo riguarda il passaggio dell’informazione scientifica ad applicazione nei vari ambiti socio-economici come l’energia, salute, agricoltura, urbanistica… Già da qualche decennio la comunità scientifica si è resa conto che l’informazione climatica generata attraverso l’analisi di dati ambientali e modelli di previsione, non viene usata, nella sua massima potenzialità, come strumento fondamentale per prendere decisioni rivolte ad aumentare la capacità di adattamento e di mitigazione al clima. Questo ci sta portando ad un certo ritardo nell’azione climatica e ad investimenti che non hanno un vero impatto sia nell’ aumentare la resilienza sia a ridurre le emissioni. Sicuramente la scienza del clima è un soggetto piuttosto complesso: è un puzzle di discipline e conoscenze che insieme contribuiscono a dare una visione dell’evoluzione del nostro pianeta. Se prese singolarmente, queste conoscenze non raccontano necessariamente la stessa storia. Ci sono decisamente delle barriere nella “traduzione” della conoscenza scientifica a soluzioni e azioni climatiche. Gran parte è sicuramente dovuto alla incapacità della comunità scientifica a tradurre il linguaggio di “laboratorio” per un’audience fatta di non-esperti, politici e imprenditori.
Un’altra importante difficoltà è l’accesso e l’integrazione dei dati tra diverse discipline e ambiti per la produzione di servizi climatici che informano i piani di azione. L’obbiettivo finale è quello di garantire che la più avanzata conoscenza sul clima sia effettivamente usata dai vari settori (ad esempio energia rinnovabile, agricoltura, salute) che sono sensibili alla variazione e cambio climatico. Ciò richiede l’accesso a banche dati nazionali e internazionali sia dei parametri fisici, come temperatura, precipitazioni, vento, umidità del suolo, sia delle variabili socioeconomiche tipo produzione agricola e energetica, tendenze sanitarie. Il raggiungimento dell’obiettivo di uno sviluppo sostenibile richiede l’integrazione di diversi set di dati su sistemi fisici, chimici, biologici e socio-economici provenienti da varie fonti. Oltre agli aspetti tecnici, le sfide importanti riguardano le politiche di Open Data (condivisione dei dati) e lo sviluppo delle competenze a livello umano, istituzionale e infrastrutturale.
Quali sono, secondo Lei, le principali minacce che dovremo affrontare da qui in poi, per raggiungere gli obiettivi di Agenda 2030?
E’ chiaro che non siamo nella buona strada per raggiungere gli obbiettivi globali dell’Agenda per la Sostenibilità entro il 2030. Prima dell’epidemia di COVID-19, i progressi erano stati disomogenei ed era necessaria un’attenzione più mirata nella maggior parte delle aree. La crisi sanitaria ha messo a nudo diseguaglianze profonde nelle nostre società e sta esacerbando ulteriormente le disparita esistenti all’interno e tra i paesi. Per quanto riguarda la povertà estrema, le previsioni indicano che la pandemia spingerà 71 milioni di persone di nuovo nella condizione di povertà rappresentando il primo aumento dal 1998. Gli impatti del COVID-19 stanno aumentando la vulnerabilità delle comunità che già soffrono di alloggi inadeguati con accesso limitato o nullo alle infrastrutture e ai servizi di base. Allo stesso modo, la pandemia sta affettando le donne e i bambini nel mondo.
L’interruzione dell’assistenza sanitaria e l’accesso limitato ai servizi alimentari e nutrizionali stanno causando ulteriori morti sotto i 5 anni. Mentre molti paesi hanno riscontrato un’impennata nelle segnalazioni di violenza domestica contro donne e bambini. I bambini nelle comunità più povere e svantaggiate sono molto più a rischio di lavoro minorile, matrimonio infantile e traffico di bambini. L’impatto economico della crisi sanitaria è altrettanto sconfortante: il mondo sta affrontando la peggiore recessione da generazioni. Per quanto riguarda la transizione energetica, la crisi sanitaria sta evidenziando l’urgente necessita di accedere a un’energia affidabile, economica, sostenibile e moderna per gli ospedali e le strutture sanitarie per curare i pazienti, per le scuole per preparare i bambini all’economia digitale, e per le comunità per pompare l’acqua pulita, e le persone per avere accesso alle informazioni. Al centro degli obbiettivi sulla sostenibilità c’è l’accesso all’energia moderna, con il suo immenso potenziale per stimolare gli altri obbiettivi climatici globali. Non c’è dubbio che la pandemia di COVID-19 ha scosso l’Agenda 2030 fino al suo nucleo per questo dobbiamo rafforzare e unire sforzi per forgiare i percorsi necessari per creare un mondo più vivibile.
Roberta Boscolo
Roberta Boscolo è alla guida delle attività sul nesso tra clima ed energia presso l'Organizzazione Meteorologica Mondiale con sede a Ginevra in Svizzera. Il suo ruolo è quello di consigliare i governi e le imprese a raggiungere gli obiettivi di adattamento al e di mitigazione del clima basandosi sulla conoscenza scientifica, in linea con gli accordi globali sui cambiamenti climatici e lo sviluppo sostenibile. Nel suo sforzo di costruire un'efficace interfaccia tra la scienza del clima e l'industria, ha creato partnership trasformative con le agenzie delle Nazioni Unite, il settore pubblico e privato, il mondo accademico, la società civile, i gruppi e le associazioni dei media attraverso l'organizzazione di conferenze globali e di eventi di sensibilizzazione. Ha più di 20 anni di esperienza nello sviluppo di piattaforme di conoscenza e buone pratiche a supporto della gestione del rischio legato al clima e della riduzione di emissioni che provocano l’effetto serra. Per molti anni è stata responsabile scientifico del Programma Mondiale di Ricerca sul Clima, coordinando gli sforzi scientifici in tutto il mondo per colmare le lacune di conoscenza nella comprensione del sistema climatico del pianeta Terra. Tali conoscenze sono riportate dall'IPCC. Attualmente gestisce un portafoglio di diversi progetti multimilionari (totale 30 milioni di dollari) di sviluppo e innovazione in Africa, Sud America, Asia sudorientale e Pacifico.
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