Intervista a Michele Rumiz, Direttore di Slow Food Travel – il progetto di Slow Food che promuove modelli sostenibili di turismo enogastronomico.
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A seguito di GECO Expo - la prima fiera virtuale italiana che unisce la sostenibilità al turismo esperienziale, alla mobilità e all’energia, tenutasi dal 28 al 30 gennaio - abbiamo avuto l'occasione di intervistare Michele Rumiz, Direttore di Slow Food Travel – il progetto di Slow Food che promuove modelli sostenibili di turismo enogastronomico.
In qualità di Direttore di Slow Food Travel, progetto che promuove modelli sostenibili di turismo enogastronomico, quali ritiene siano le principali sfide da fronteggiare oggi in Italia nel settore del turismo enogastronomico?
Dobbiamo prendere consapevolezza che turismo e gastronomia spesso non interagiscono come dovrebbero e potrebbero. Questo riduce le possibilità che Il turismo generi un ritorno economico per le attività enogastronomiche di qualità. Inoltre, questa interazione incompleta fa sì che il prodotto turistico offerto da una destinazione abbia meno opportunità di essere realmente unico, autentico e non replicabile. Occorre lavorare assieme sui territori per diminuire la distanza tra settore enogastronomico e turistico, quanto più possibile, lavorando su sistemi di integrazione tra i due comparti con alleanze tra le componenti produttive dell’agroalimentare, e strutture ricettive e ristorative. Questo è esattamente il contributo che Slow Food vuole dare attraverso Slow Food Travel - il suo progetto di destination development.
La crisi attuale ci insegna a riconsiderare e valorizzare i modelli economici e turistici che dipendono dalla biodiversità e dall’approccio sostenibile. Che svolta ci sarà per il turismo a impatto zero? Quali saranno le esigenze dei nuovi turisti attenti all’ecologia e consapevoli dell’impatto del turismo sull’ambiente?
Non siamo solo noi a dire che il turismo che conosceremo dopo il COVID sarà sempre più un turismo lontano dalle mete dei grandi numeri, e sarà un turismo Slow. I segnali c’erano già prima, con l’emergenza di un turismo esperienziale che mettesse al centro la scoperta dei patrimoni gastronomici del nostro Paese. E, proprio per questo, Slow Food già da anni lavora ad un progetto che mette al centro il cibo e la sua produzione, attraverso la profonda conoscenza dei territori e delle loro produzioni che offre la rete Slow Food. Da oltre 30 anni ripetiamo che sostenibilità, qualità e responsabilità sono facce della stessa medaglia. Adesso è importante che tutti, istituzioni in primis, ne abbiano consapevolezza.
Con il Covid19, molte persone hanno riscoperto la bellezza dei luoghi nella propria provincia di residenza. Secondo Lei, come sarà il turismo post-lockdown? L’Italia sarà in grado di rinascere e riprendersi?
Finché saremo limitati negli spostamenti, dovremo fare di necessità virtù, anche perché non sarà una crisi di breve durata (ahimè!). Dunque, più che di turismo post-lockdown, dovremmo parlare di turismo in una fase di emergenza sanitaria. In questo senso, il turismo di prossimità ha particolare valenza nel nostro Paese. Siamo circondati dalla bellezza, dalla storia, e coltiviamo differenze tra regione e regione, provincia e provincia, spesso impensabili per altri Paesi. Molto spesso, non conosciamo la ricchezza che ci circonda anche solo a pochi chilometri da casa nostra. L’Italia è un Paese che possiede un’incredibile ricchezza di tradizioni locali, che possono essere motore per uno sviluppo del turismo proprio nelle aree meno blasonate. Se sapremo mettere a frutto questo potenziale, l’Italia si rialzerà ancora meglio di prima.
MICHELE RUMIZ
Michele Rumiz è il direttore di Slow Food Travel – il progetto di Slow Food che promuove modelli sostenibili di turismo enogastronomico. Laureato alla LSE – London School of Economics & Political Science, Michele ha una lunga esperienza nello sviluppo di reti, di comunità e di value-chain nel settore agroalimentare, con un focus specifico su turismo e sviluppo rurale sostenibile.
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