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Lo scorso 10 novembre la Corte di giustizia dell’Unione europea ha condannato l’Italia per non aver ottemperato agli obblighi previsti dalla Direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (d’ora in poi la Direttiva 2008/50).
Cosa prevede la Direttiva 2008/50
La Direttiva 2008/50, entrata in vigore l’11 giugno 2008, detta una serie di misure volte a tutelare l’ambiente e in particolare la qualità dell’aria. All’articolo 1, difatti, la norma prevede di:
- definire e stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso;
- valutare la qualità dell’aria ambiente negli Stati membri sulla base di metodi e criteri comuni;
- ottenere informazioni sulla qualità dell’aria ambiente per contribuire alla lotta contro l’inquinamento dell’aria e gli effetti nocivi e per monitorare le tendenze a lungo termine e i miglioramenti ottenuti con l’applicazione delle misure nazionali e comunitarie.
Secondo quanto disposto dall’articolo 4, gli Stati membri devono istituire all’interno del loro territorio zone e agglomerati (per agglomerati si intendono le zone in cui è concentrata una popolazione superiore a 250. 000 abitanti o, se la popolazione è pari o inferiore a 250 000 abitanti, con una densità di popolazione per chilometro quadrato definita dagli Stati membri) in cui verranno svolte le attività di valutazione e di gestione della qualità dell’aria. Se nelle zone e negli agglomerati vi è un superamento del valore limite o del valore obiettivo, gli Stati membri devono predisporre dei piani per la qualità dell’aria con cui stabilire misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile.
La Direttiva 2008/50 all’articolo 2 definisce il valore limite come “il livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, che deve essere raggiunto entro un termine prestabilito e in seguito non deve essere superato” e il valore obiettivo come “il livello fissato al fine di evitare, prevenire o ridurre effetti nocivi per la salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, da conseguirsi, ove possibile, entro un termine prestabilito.
Per quali motivi l’Italia è stata condannata?
Il primo campanello d’allarme all’Italia è stato lanciato dalla Commissione europea nel luglio 2014, occasione in cui l’istituzione comunitaria aveva avviato un procedimento per inadempimento per il superamento sistemico e continuato (a partire dal 2008) dei valori limite fissati per le particelle PM10 (note anche come polveri sottili, d’ora in poi PM10) in molte aree della penisola e per la mancata adozione di misure che arginassero tale fenomeno.
In risposta ai chiarimenti poco esaustivi forniti dal Governo italiano, la Commissione europea il 13 ottobre 2018 ha reagito proponendo dinanzi alla Corte di giustizia un ricorso per inadempimento agli obblighi comunitari. Ricorso che è stato difatti accolto il 10 novembre scorso. Nella sentenza di condanna, si legge non solo che i valori limite giornaliero e annuale fissati per le PM10 sono stati regolarmente superati dal 2008 al 2017 in tantissime aree del territorio italiano tra cui Pianura Padana (Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna), Lazio, Puglia, Sicilia, Calabria, ma anche che tale superamento è tutt’ora in corso.
Per quanto riguarda, invece, la mancata adozione di misure che garantissero una limitazione all’emissione di polveri sottili in Italia, la Corte di giustizia evidenzia che in base alle statuizioni di alcuni piani regionali in merito ai termini per la realizzazione degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria, vi è ancora molto lavoro da fare. Basti pensare che per l’Emilia Romagna e la Toscana il termine per la realizzazione degli obiettivi è stimato nel 2020, per il Veneto e la Lombardia nel 2025 e per il Piemonte nel 2030.
Le reazioni
“La sentenza della Corte di Giustizia sul superamento dei limiti di PM10 non ci coglie di sorpresa, visti i dati su cui è basata e che sono incontrovertibili alla prova dei fatti. Dati che, benché si fermino al 2017, indicano un problema che purtroppo non è ancora risolto.” Questo è stato il commento del Ministro Sergio Costa il quale si dichiara pronto ad implementare le misure a sostegno e a tutela dell’ambiente tramite strumenti come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che prevederà, difatti, l’adozione di pratiche volte a ripristinare livelli adeguati di qualità dell’aria in tutta la Penisola.
Dobbiamo ricordarci, inoltre, che secondo il rapporto stilato dall’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) nel 2019, l’Italia detiene il record negativo in Europa per morti premature da biossido di azoto con circa 14.600 vittime l’anno e registra il maggior numero di decessi per esposizione all’ozono. Alla luce di quanto sopra, pertanto, si rafforza sempre di più l’esigenza di intraprendere tra Istituzioni e cittadini dei percorsi ispirati da logiche di condivisione e di valorizzazione dei cambiamenti.
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