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Intervista a Enrico Giovannini, professore di Statistica Economica all’Università di Roma Tor Vergata e Portavoce di ASviS -Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.
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In qualità di esperto facente parte della task force Colao lei ha citato la necessità di una trasformazione che sia rapida e irreversibile in un paese dove, finalmente, sembra che la sostenibilità e l’attenzione all’ambiente siano una priorità governativa. Dovendo sostanziare le principali azioni da compiere - a suo avviso - quali ritiene essere priorità assoluta alla luce dell’emergenza che sembra non passare e dell’incertezza che dominerà sempre più gli equilibri economici e sociali di questo paese?
A causa del Covid-19 stiamo vivendo una crisi senza precedenti e tantissime persone in tutto il mondo hanno compreso che l’economia, l’ambiente e la società sono parte di un unico sistema e non sono indipendenti le une dalle altre. Questo implica che anche le politiche devono assumere un approccio integrato. D’altra parte, la pandemia ci ha fatto capire quanto siamo fragili e vulnerabili, molto più di quel che pensavamo, e quanto sia importante la creazione di un sistema socio-economico-ambientale resiliente, capace non solo di prevenire nuovi shock (come quello da cambiamento climatico), ma anche di trasformarsi nel senso dello sviluppo sostenibile, cioè uno sviluppo basato sulla giustizia tra generazioni.
Per questo, il primo passo da compiere è l’inserimento del principio dello sviluppo sostenibile in Costituzione, come già fatto da altri paesi tra cui Belgio, Francia, Norvegia e Svizzera. Sarebbe un atto fondamentale, che obbligherebbe d’ora in avanti il Governo e il Parlamento a mettere in atto politiche in linea con tale principio. Come mostrato dai rapporti annuali dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), l’Italia non è su un sentiero di sviluppo sostenibile, ma l’Agenda 2030 firmata da tutti i Paesi delle Nazioni Unite nel 2015 costituisce una bussola di riferimento per il disegno delle politiche. Anche nel Rapporto del Comitato Colao abbiamo assunto questa prospettiva e non a caso le oltre 100 proposte concrete che abbiamo formulato affrontano tre priorità in linea con l’Agenda 2030: transizione ecologica, digitalizzazione e lotta alle disuguaglianze, in primo luogo quelle di genere.
Sono anche le priorità dell’Unione europea per usufruire delle risorse del fondo Next Generation EU, per l’utilizzo delle quali l’Italia deve predisporre nei prossimi mesi il proprio piano. Insomma, le idee e le proposte concrete non mancano, ciò che serve è il coraggio della classe dirigente di imboccare con chiarezza questa strada, peraltro coerente con le aspettative di una larga parte dei cittadini di questo Paese, e non solo.
I 17 Obiettivi dell’Agenda ONU 2030 sembrano essere ancora molto lontani. Quanto a suo avviso questo dipende da un problema di mentalità e attenzione e quanto da una reale difficoltà - in termini procedurali e di risorse necessarie - a mettere in atto le azioni funzionali al loro conseguimento?
La crisi in atto fa male allo sviluppo sostenibile e rischia di allontanarci dal conseguimento degli Obiettivi fissati per il 2030 e dalla costruzione di un mondo più giusto, equo e inclusivo. Nel nostro Paese su questi temi esiste di sicuro un problema di mentalità che non facilita il processo di cambiamento, ma i sondaggi che abbiamo svolto come ASviS mostrano che la pandemia ha aumentato la sensibilità della popolazione italiana alle diverse dimensioni dello sviluppo sostenibile. Tante persone hanno capito – come ha notato anche il Papa – che non si può vivere sani in un pianeta malato. D’altra parte, le preoccupazioni per la situazione occupazionale dominano le menti di milioni di persone.
Ora, bisogna comprendere che parlare di tutto questo vuol dire parlare dell’Agenda 2030. Oltre il 60% degli italiani ritiene che o la ripresa sarà all’insegna della transizione ecologica o il governo avrà fallito nel proprio compito e perderà ogni credibilità. Insomma, siamo in un momento cruciale, non solo per i poteri pubblici, ma anche per quelli privati, chiamati a ripensare le modalità di organizzazione del lavoro, con possibili conseguenze positive per il bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro, per la riduzione dell’inquinamento, insomma per la qualità della vita. Per superare questa crisi in senso positivo non possiamo ancora affidarci a vecchie politiche che non trovano più ragione d’esistere, soprattutto in un mondo che cambia così velocemente e sottoposto a continui shock, ambientali ed economici. Occorre una nuova visione orientata alla resilienza “trasformativa” in grado di proteggere, promuovere, preparare, prevenire e trasformare.
Per accelerare questo processo di cambiamento dobbiamo far affidamento non solo sulle ingenti risorse che arriveranno dall’Europa, che dovranno – per definizione - essere necessariamente orientate allo sviluppo sostenibile e alla digitalizzazione del Paese, ma anche alla modifica del modo di spendere risorse pubbliche a valere sul bilancio nazionale. Per fare un esempio, ogni anno l’Italia destina oltre 19 miliardi di euro in sussidi dannosi per l’ambiente, risorse che invece potrebbero essere utilizzate per la riconversione ecologica delle imprese, per la riduzione del costo del lavoro, con effetti positivi sulla competitività, e per un piano straordinario a favore dell’occupazione femminile e giovanile, cioè a favore delle due categorie maggiormente penalizzate da questa crisi.
Sostenibilità come driver di crescita e competizione: assunto che ritroviamo in molto discorsi fatti negli ultimi tempi da referenti istituzionali del mondo industriale italiano e non solo. Ritiene che il tessuto imprenditoriale italiano sia pronto ad accogliere realmente questa sfida in un’ottica di crescita di medio/lungo periodo?
Da un’indagine Istat del 2019 emerge che, a parità di condizioni, l’investimento in sostenibilità si traduce in un aumento di produttività del 15% per le aziende di grandissime dimensioni, del 10% per quelle grandi e del 5% per quelle medie. Mai come ora la sostenibilità conviene a tutti, anche perché la Commissione europea ha chiarito che per usufruire come sistema Paese delle risorse messe in campo dal Next Generation Eu (ex Recovery Fund), va data attuazione al Green new deal. E dello stesso avviso sono anche parti importanti del mondo finanziario e molte altre istituzioni europee. Basti pensare che il Consiglio di amministrazione della Banca europea per gli investimenti alla fine del 2019 ha optato per una nuova politica di prestiti energetici che sancisce la fine dei finanziamenti per i progetti legati alle energie fossili dall’inizio del 2021, puntando così a diventare una sorta di “green bank”.
Per questi e altri motivi, quindi, il tessuto imprenditoriale italiano deve necessariamente essere pronto a integrare la sostenibilità nei propri modelli di business, altrimenti rischia di rimanere indietro e perdere questa ulteriore opportunità non solo in termini di innovazione ma anche di competitività. Questi e tanti altri temi fondamentali per il futuro del Paese verranno affrontati nel corso del Festival dello sviluppo sostenibile organizzato dall’ASviS, che si svolgerà in tutta Italia dal 22 settembre all’8 ottobre, il cui programma è consultabile sul sito ufficiale.
Enrico Giovannini
È stato chief statistician dell'Ocse dal 2001 all'agosto 2009, presidente dell'Istat dall'agosto 2009 all'aprile 2013. Dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014 è stato Ministro del lavoro e delle politiche sociali del governo Letta. È professore ordinario di statistica economica all'Università di Roma "Tor Vergata", docente di Public management presso il Dipartimento di Scienze politiche dell'Università Luiss e membro di numerosi board di fondazioni e di organizzazioni nazionali e internazionali. È Portavoce per AsviS - Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.
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