L'OCSE riflette sulla filiera del cobalto. Presentato un documento per favorire la sostenibilità del settore promuovendo un'analisi del rischio che riconosca la centralità dei diritti umani.
Conoscere e riflettere sulla filiera del cobalto per minimizzarne l'impatto sull'ambiente. Un obiettivo importante, dato che l'estrazione e la lavorazione di questo minerale si rivelano cruciali nella transizione verso una mobilità sostenibile e un'economia carbon-free. Tra le altre cose, il cobalto viene infatti utilizzato nella produzione di batterie ricaricabili nel mercato in crescita delle auto elettriche. Non stupisce, dunque, il botta e risposta in occasione del Dialogo fra Stakeholder tenutosi lo scorso novembre a Kolwezi, nella Repubblica Democratica del Congo, Paese che controlla oltre il 60% della produzione globale di cobalto.
In tale occasione, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha presentato l'analisi “Interconnected Supply Chains”. Dallo studio emerge che, se le compagnie intendono ottenere una filiera del cobalto più sostenibile, devono abbandonare l'erronea convinzione che l'estrazione e la raffinazione industriale siano totalmente aliene e separate da quelle artigianali.
Dal canto suo, Drive Sustainability - partnership di aziende che lavorano insieme per migliorare le performance sociali, etiche ed ambientali della filiera dell'automotive - ha risposto con il documento “Position on Cobalt” , in cui si identifica in una leadership di pensiero orientata alla sostenibilità il requisito fondamentale per un'azione efficace. In particolare, il documento dell'OCSE offre spunti sulle modalità in cui le aziende possono estendere i principi di analisi della diligenza dovuta nella filiera del cobalto, fino ad includere l'analisi dei rischi nell'ambito della corruzione e dei diritti umani.
Esistono alcune linee guida dell'Organizzazione in ambito diligenza dovuta, che forniscono raccomandazioni dettagliate per aiutare le compagnie a rispettare i diritti umani ed evitare di contribuire in qualche modo all'insorgere o all'aggravarsi di conflitti attraverso le proprie scelte. Nell'analisi “Interconnected Supply Chains”, essa approfondisce l'argomento individuando 5 azioni da intraprendere per estendere e rendere efficace il concetto:
- Un'implementazione delle stesse linee guida dell'OCSE, che tenga conto dei fattori di rischio e del contesto socio-politico e culturale;
- Un'attenzione particolare a fenomeni criminoso-criminali come la corruzione, il riciclaggio di denaro sporco e l'evasione fiscale;
- Il rafforzamento di relazioni ufficiali con il settore delle attività estrattive artigianali e su piccola scala;
- L'adozione fattiva dei Voluntary Principles on Security and Human Rights. Creata nel 2000, la Voluntary Principles è un'iniziativa che promuove una serie di principi guida per le aziende, che mirano a garantire sicurezza alle loro operazioni produttive e commerciali, senza rinunciare al rispetto dei diritti umani;
- L'estensione della diligenza dovuta a dinamiche di genere, con la garanzia di inclusione e di condizioni lavorative adeguate per le donne lavoratrici.
Per raggiungere i risultati auspicati, fondamentale è l'impegno degli stakeholder. Essi sono chiamati a implementare la tracciabilità e la trasparenza lungo l'intera filiera: migliorando da un lato i progetti che ruotano attorno al mero lavoro in miniera; verificando dall'altro che le pratiche messe in campo da partner, fornitori o collaboratori siano altrettanto consapevoli e responsabili.
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