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Forte delusione dopo la conclusione dei negoziati della COP25 di Madrid. Manca un accordo degno di nota sulle questioni più spinose, rimandate alla COP26 di Glasgow. Il Segretario dell'ONU Guterres: “La comunità internazionale ha perso un’importante opportunità”.
Fallimento e delusione. Queste le parole -una la conseguenza dell'altra- che riecheggiano a livello globale dopo la conclusione della COP25, vertice sul clima tenutosi a Madrid dal 2 al 15 dicembre. Parole che neanche il segretario generale dell'ONU, Antonio Guterres, esita a utilizzare nel suo bilancio sulla conferenza. “Sono deluso dai risultati della COP25” ha dichiarato “la comunità internazionale ha perso un’importante opportunità per mostrare una maggiore ambizione in materia di mitigazione, adattamento e finanza per affrontare la crisi climatica”.
Il tema più scottante dei negoziati riguardava l’articolo 6, definito dall’Accordo di Parigi del 2015, che regola i cosiddetti “mercati del carbonio”. Si tratta dei diversi meccanismi che normano la commercializzazione di crediti di carbonio, pensati per sostenere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 tramite sistemi di limiti e di compensazione.
L’obiettivo della COP25 era quello di aggiornare le regole per allinearle agli ambiziosi obiettivi stabiliti nel 2015, ovvero la limitazione dell’aumento della temperatura rispetto all’era pre-industriale al di sotto dei 2°C e quanto più possibile vicina a 1,5°C. Ebbene, complice l'ostruzionismo di Paesi come il Brasile e l'Australia -orientati a cercare scappatoie per le proprie industrie- gli Stati non sono riusciti a trovare un compromesso.
Il 13 dicembre, i negoziatori si erano accordati su alcune questioni (un programma sull’eguaglianza di genere, il rafforzamento della capacità dei Paesi in via di sviluppo), ma l’indispensabile strategia globale era rimasta in sospeso a causa del disaccordo su importanti questioni economiche, come l'origine degli aiuti e dei finanziamenti per l’adattamento al cambiamento climatico.
E così, i lavori sono continuati durante la notte successiva. Tuttavia, la versione provvisoria del testo finale presentata il 14 dicembre – definita da ONG e società civile un “tradimento degli impegni presi nel quadro dell’Accordo di Parigi sul clima nel 2015”- ha finito per deludere sostanzialmente tutte le parti.
“I progressi auspicati sono stati compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l’emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto” ha commentato amaramente Greenpeace.
La sera del 14 è stato quindi chiaro che al summit non ci sarebbe stato nessun accordo. Greta Thunberg, che nella capitale spagnola ha partecipato alla marcia di protesta per il clima, ha commentato: “Sembra che la COP25 a Madrid stia andando a pezzi proprio in questo momento. La scienza è chiara, ma la scienza è ignorata”.
“A Madrid, ai governi è mancato il coraggio di rispondere con impegni concreti ai milioni di cittadini, soprattutto giovani, scesi nelle piazze di tutto il mondo per chiedere un’azione forte e immediata per fronteggiare l’emergenza climatica” ha dichiarato Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente.
“L’assenza di una forte leadership dell’Europa non ha consentito un accordo tra le maggiori economie del pianeta per aumentare entro il 2020 gli attuali impegni di riduzione delle emissioni al 2030, in coerenza con la soglia critica di 1.5°C prevista dall’Accordo di Parigi. I prossimi mesi saranno cruciali. […] La Commissione entro la primavera del 2020 deve presentare la proposta di aumento dell’obiettivo al 2030, in modo che i governi possano raggiungere un accordo non oltre il Consiglio Europeo di giugno 2020. Solo così l’Europa può arrivare al Vertice UE-Cina, in programma il prossimo settembre a Lipsia e per la prima volta a livello di capi di stato e di governo, con una proposta in grado di spingere la Cina a sottoscrivere un accordo ambizioso in vista della COP26 di Glasgow”.
Non è bastato, dunque, che quelli di Madrid siano stati i negoziati più lunghi della storia (ben sedici giorni, due in più rispetto al previsto). Si è deciso di non decidere, e di posticipare all'anno prossimo e alla COP26 di Glasgow i provvedimenti in merito alle questioni più spinose. Si è preso tempo, a dispetto di una situazione ambientale in cui il tempo è agli sgoccioli. Lo sanno bene proprio i giovani del Fridays For Future che, al contrario dei potenti e dei decisori mondiali, non perdono occasione per ricordarlo. Avverte ancora una volta Greta, riferendosi al movimento e alla sua instancabile azione: “Qualunque cosa succeda, non molleremo mai. Abbiamo appena cominciato”.
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13 Aprile 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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