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Il livello delle acque terrestri nell'ultimo secolo si è innalzato di 18 cm e il riscaldamento globale minaccia l’integrità delle calotte glaciali. L'erosione naturale e l’intervento dell’uomo fanno la loro parte e recenti studi prevedono che le acque si alzeranno anche di 1 metro entro il 2100.
Quanto accaduto a Venezia lo scorso novembre sembra essere solo un’avvisaglia di quello che sarà il destino al quale, secondo Enea, IPCC e il Ministero dell’Ambiente, le coste italiane andranno in contro.
I ritardi alla realizzazione del Mose sono un problema ma non bisogna dimenticare che il problema più grande è il motivo per il quale l’opera dovrebbe venire costruita, al quale troppo spesso non viene riconosciuto il giusto peso: parliamo dell’innalzamento globale dei livelli delle acque terrestri, un processo che è già in atto da tempo e per il quale sono previste evoluzioni infauste.
Infatti, non è soltanto la laguna veneta a essere in pericolo ma, secondo Fabrizio Antonioli, geomorfologo presso Enea, le aree italiane a rischio sarebbero addirittura 40. L’esperto sottolinea che all’origine di queste nefaste previsioni vi sarebbero i catastrofici fenomeni innescati dallo scioglimento dei ghiacciai, congiuntamente ai movimenti della crosta terrestre, alla pressione atmosferica e ai venti.
I dettagli di questa tesi sono stati espletati nella ricerca “Variazione del livello del mare lungo la costa italiana negli ultimi 10000 anni”, ad opera di Enea e coordinata proprio da Fabrizio Antonioli. Dalle pagine del documento si evince che le 40 aree costiere, classificate come a rischio, subirebbero l’influenza dell’innalzamento del livello dei mari della spaventosa quota di 80/100cm, già entro l’anno 2100.
In particolare, nella ricerca si fa riferimento alla striscia di costa che va da Monfalcone fino a Ravenna come quella più critica ma, sebbene in misura inferiore, destano ugualmente preoccupazione anche la Versilia, le aree di Oristano e di Cagliari e la Pianura Pontina.
A supporto di Enea si schiera anche l’Intergovernmental Panel on Climate Change, un polo scientifico facente capo alle Nazioni Unite, impegnato nello studio dei cambiamenti climatici. Secondo IPCC, infatti, i ghiacciai minori sparsi tra Europa, Indonesia, Africa e nel territorio andino, di questo passo, entro il 2100 avranno perso più dell’80% della loro massa attuale. Sommando questo fenomeno alla riduzione in dimensioni delle più grandi calotte glaciali terrestri si stima che sul finire del secolo corrente l’umanità dovrà fare i conti con un innalzamento del livello degli oceani compreso tra i 30 e i 60 cm. Un aumento che già nell'ultimo secolo ha raggiunto quota 18 cm.
Oltre all'innalzamento del livello delle acque marine sta dando parecchio da pensare anche il fenomeno dell’erosione dei litorali italiani. Buona parte della responsabilità di questo problema, purtroppo, è da attribuire all'opera dell’uomo: la sottrazione di sedimenti alle coste italiane ne ha irrimediabilmente modificato la conformazione. Di fatto queste operazioni hanno causato la perdita dei naturali sistemi di difesa delle aree costiere e ciò ne aumenta, giorno dopo giorno, la fragilità.
A sostegno di queste affermazioni si pone anche il Ministero dell’Ambiente, il quale tiene a sottolineare quanto oggi sia sufficiente una sola forte mareggiata abbattutasi sulla costa per eroderne diversi metri.
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13 Aprile 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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