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Decenni di deforestazione e colture intensive hanno pesantemente influenzato la salute di un suolo ormai compromesso da fertilizzanti e pesticidi. Un sistema globale di incentivazione alle imprese agricole è l’unica via per il ritorno a un’agricoltura sana e sostenibile.
Nel 2015, l’Anno Internazionale del Suolo, la direttrice della FAO, Maria Helena Semedo, ha dichiarato che la parte di superficie terrestre utilizzabile per le coltivazioni è oggi così degradata da poter sopportare al massimo altri 60 raccolti.
Decenni di deforestazione, monocolture, concimi chimici e altre pratiche agricole condotte mirando esclusivamente al massimo profitto hanno privato i terreni coltivabili delle proprie capacità produttive.
In questo 2019 la FAO ha in aggiunta reso noto che, continuando di questo passo, nel 2050 il 90% del suolo coltivabile sarà sterile.
Lo scorso anno il World Business Council for Sustainable Development ha pubblicato un rapporto con il quale si tentava di richiamare l’attenzione delle imprese operanti nel settore agroalimentare invitandole a rivedere e migliorare la qualità e la sostenibilità dei metodi di sfruttamento del suolo a livello globale.
Uno dei punti focali attorno al quale si snodano le discussioni riguarda il fatto che non solo un suolo meno sfruttato genera prodotti alimentari di gran lunga più salutari, ma contribuirebbe oltremodo in maniera efficiente alla lotta ai cambiamenti climatici.
È scientificamente dimostrato che il suolo terrestre si comporta come un grande contenitore di CO2 e che ne trattiene una quantità oltre tre volte superiore a quella presente in atmosfera. Adottando alcuni semplici accorgimenti è possibile fare in modo che non solo l’anidride carbonica presente nel suolo resti lì confinata, ma anche che il terreno stesso possa “comportarsi come una spugna” e assorbire quella in eccesso nell’aria.
È mediante pratiche agricole più sane che si può raggiungere questo risultato, necessario al fine di trasformare l’agricoltura da una delle principali cause dei cambiamenti climatici a una delle più efficaci armi per contrastarli.
Quelle che si dovrebbero adottare oggi, per far sì che questa conversione possa concretizzarsi, sono pratiche agricole non intensive ma piuttosto rigenerative, per il rinvigorimento della salute del suolo, a partire dal ripristino di tutte quelle aree deturpate dalla deforestazione fino alla rinuncia da parte delle imprese all’impiego di fertilizzanti chimici, in larga parte responsabile dell’impoverimento dei terreni.
Si fa inoltre impellentela necessità di un ritorno a una forte circolarità dell’agricoltura, a un sistema per il quale gli scarti della produzione di un’azienda possano diventare a loro volta fertilizzanti e nutrienti per i propri terreni.
Soltanto incentivando le aziende ad adottare processi lavorativi simili è possibile raggiungere questi risultati, e un supporto economico da parte delle istituzioni è indispensabile per favorire questo tipo di cambiamento.Offrire incentivi alle aziende agricole sarebbe un buon modo per incoraggiare da parte loro investimenti in un’agricoltura rigenerativa.
Una via differente ma ugualmente utile per il cambiamento, e che sta già dando ottimi risultati in questo senso, potrebbe essere la sottoscrizione di contratti a lungo termine tra le grandi aziende alimentari e le imprese agricole fornitrici di materia prima, così che queste ultime, avendo dalla loro la sicurezza di una maggiore stabilità economica, siano più propense a lanciarsi in investimenti cospicui per l’introduzione e l’avviamento di metodologie produttive maggiormente sostenibili.
Una tale rivoluzione del sistema degli incentivi alle aziende agricole produttrici, alla luce dei dati di cui sopra, si rivela estremamente necessaria per auspicare un ritorno a un certo tipo di agricoltura più tradizionale, che possa preservare la salute del suolo e promuoverne la rigenerazione, piuttosto che avere come unico obiettivo il profitto anche a costo di spremere fino all’ultima goccia le sue risorse.
Purtroppo oggi la situazione in tutto il mondo è molto diversa: contributi e incentivi vengono erogati sulla base della quantità di prodotto ottenuto. Insomma, più si produce, maggiori sono i finanziamenti entranti. Questo tipo di politica è lontana anni luce da quello che può essere considerato un sistema giusto e non può che spingere le aziende agricole a utilizzare più fertilizzanti e pesticidi, per incrementare le quantità di prodotto e quindi i soldiin ingresso.
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