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Secondo le stime, il fabbisogno mondiale di cibo è destinato ad aumentare esponenzialmente entro il 2050. Ecco 5 tecnologie che potrebbero aiutare a cogliere questa sfida.
Creare un futuro alimentare sostenibile: è questo il tema centrale del Rapporto pubblicato da Banca mondiale, dal programma delle Nazioni Unite per l'ambiente e dal programma di sviluppo delle Nazioni Unite.
Secondo le stime, la popolazione mondiale sarà di circa 9,8 miliardi di persone nel 2050. La domanda di cibo è in aumento di oltre il 50% e, già oggi, le problematiche legate all'approvvigionamento sono diverse e destinate ad aumentare. Basti pensare come milioni di persone, oggi, abbiano difficoltà ad accedere a cibo ed acqua potabile; l'agricoltura usa già quasi la metà delle terre coltivate al mondo e i cambiamenti nell'uso del suolo generano un quarto delle emissioni annuali di gas serra.
Il Rapporto mostra un piano d’azione che prevede questi grandi step:
- Rallentamento della crescita della domanda di cibo;
- Aumento della produttività del suolo senza espandere i terreni agricoli;
- Riduzione delle emissioni di gas serra provocate dall'agricoltura;
- Diminuzione del consumo di carne e aumento dell’offerta di pesce.
Ad unire questi grandi punti, c’è un comune denominatore: l’innovazione tecnologica. Ci sono, infatti, una serie di interessanti tecnologie che possono favorire la produzione di cibo in modo sostenibile, diminuendo l’impatto sull'ambiente e massimizzando la produttività. Eccone alcune.
Conservazione prolungata
Secondo le stime, circa un terzo del cibo viene sprecato nel corso della filiera produttiva. Frutta e verdura sono estremamente deperibili e tra i prodotti più inclini allo spreco. Un modo per limitare questa perdita è intervenire con metodi che rallentano la maturazione del prodotto. Ci sono già alcune innovazioni in via di sperimentazione. Ad esempio, Apeel Sciences ha brevettato una gamma di spray che inibiscono la crescita batterica e trattengono l'acqua nella frutta.
Azoto nel terreno
Una delle più grandi problematiche da affrontare è la riduzione delle emissioni di gas serra nell'atmosfera provocate dall'agricoltura e dallo sfruttamento del suolo. Circa il 20% dei gas a effetto serra della produzione agricola proviene dall'azoto contenuto in fertilizzanti e letame impiegati per le colture e pascoli. Per inibire questo processo e diminuire la quantità di gas immessi nell'atmosfera, possono essere utilizzati i cosiddetti "inibitori della nitrificazione", che aumentano la quantità di azoto assorbita dalle piante diminuendo quella immessa nell'aria.
Abbattimento del metano “enterico”
I ruminanti generano circa la metà delle emissioni di gas serra imputabili alla produzione agricola. Questo perché essi producono il "metano enterico", generato dai microbi presenti nei loro stomaci. Attualmente diverse aziende stanno lavorando su composti per mangimi che inibiscono la formazione di metano nello stomaco delle mucche. Il 3-NOP sembra essere efficace: non causa effetti collaterali sulla salute e sull'ambiente, ma riduce di oltre il 30% le emissioni di metano enterico.
Fertilizzanti sostenibili
Particolare attenzione merita il già citato tema dei fertilizzanti. La produzione di fertilizzanti a base di azoto impiega grosse quantità di combustibili fossili e genera una quantità di emissioni di gas serra decisamente significative. Un’alternativa è l’utilizzo di fonti energetiche sostenibili per produrre fertilizzanti a basse emissioni di carbonio, azionabili ad esempio attraverso l’energia solare.
Riso “sostenibile”
Il riso è l'ingrediente alla base dell’alimentazione di gran parte della popolazione mondiale. Secondo le stime trattate nel Rapporto, circa il 10% delle emissioni di gas serra (principalmente metano) dell’agricoltura è attribuibile alla coltivazione del riso. In questo caso i fronti d’azione sono molteplici: principalmente gli specialisti invitano a rincorrere rendimenti più elevati abbattendo la quantità di acqua utilizzata. L’aumento della resa è la vera priorità, insieme alla riduzione della durata dell'inondazione delle risaie per impedire ai batteri che producono metano di svilupparsi e proliferare. I ricercatori hanno identificato alcune varietà di riso comuni che emettono meno gas serra di altre; inoltre hanno creato in laboratorio una varietà di riso in grado di ridurre le emissioni di metano del 30%.
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