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Legambiente pubblica la quinta edizione dello studio Beach Litter 2019, una fotografia dello stato e distribuzione dei rifiuti lungo le coste del Belpaese: ogni 100 metri di spiaggia sono stati trovati in media 968 rifiuti, per l’81% costituiti da plastica. E il dato non è altro che la punta di un iceberg: i rifiuti rinvenuti sulle coste rappresentano solo il 15% del totale di materiali che entrano nell’ecosistema marino, trascinati dalle correnti e dai venti.
Il Mar Mediterraneo rappresenta meno dell’1% della superficie complessiva di mari e oceani del Pianeta, ma al tempo stesso è arrivato ad essere la sesta area di accumulo di rifiuti al mondo.
Lo ribadisce Legambiente, pubblicando la quinta edizione di Beach Litter 2019, indagine sulla distribuzione dei rifiuti nelle spiagge italiane. L’associazione ambientalista, grazie alla sua capillare diffusione sul territorio e al coinvolgimento dei diversi circoli locali, è riuscita a monitorare 93 spiagge, coprendo circa 400.000 mq di coste. I dati che emergono dal report non sono positivi: ogni 100 metri di spiaggia sono stati trovati in media 968 rifiuti, per l’81% costituiti da plastica.
Tra le cause maggiori dei materiali spiaggiati emerge la mala gestione dei rifiuti urbani, che rappresenta ben l’85% delle cause che comportano la presenza di rifiuti sulle spiagge italiane. Aggravano la situazione la carenza dei sistemi depurativi e le pessime abitudini diffuse tra i cittadini del Belpaese, che tropo spesso insistono nel gettare nel wc rifiuti urbani come cotton fioc, piccoli blister di medicinali e altri oggetti che vengono poi rivenuti sulle spiagge italiane.
Legambiente fotografa una situazione piuttosto grave, nonostante i recenti interventi normativi che hanno visto la messa al bando di piatti, posate, aste dei palloncini, cannucce e cotton fioc di plastica. Secondo gli esperti, infatti, servono forti investimenti in innovazione e circolarità dei materiali, volti a ridurre in maniera netta le altre tipologie di rifiuto. Non ultimo, urgono serie campagne informative volte a coinvolgere aziende e cittadini in comportamenti più consapevoli e attenti all’ambiente.
L’associazione ambientalista definisce infatti “un’anomalia tutta italiana” il costante utilizzo di acqua in bottiglia nel Belpaese: gli italiani sono al terzo posto per il consumo di acqua in bottiglia a livello mondiale, contribuendo alla produzione e messa in circolo di circa 8 miliardi di nuove bottiglie di plastica ogni anno. Questo comportamento è inspiegabile considerando qualità e sicurezza dell’acqua comunale distribuita in abitazioni e uffici: anche in questo caso emerge la necessità di lavorare sulla fiducia dei consumatori. “Siamo stati i primi paesi in Europa a mettere al bando gli shopper in plastica – dichiara Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente - e abbiamo anticipato la direttiva europea per i cotton fioc di plastica e le microplastiche nei prodotti cosmetici. Ora però è il momento di alzare l’asticella e recepire al più presto la nuova Direttiva europea con obiettivi e target di riduzione ancora più ambiziosi. Insieme a questo bisogna promuovere innovazione e ricerca nell’ottica dell’economia circolare; stimolare l’industria e le aziende a farsi carico di questa emergenza; aumentare la qualità della raccolta differenziata e del riciclo; guidare i cittadini e i consumatori a prevenire i rifiuti, a non abusare della plastica e adottare stili di vita più sostenibili”.
Nel dettaglio, la maggior parte dei rifiuti censiti nella mappatura Beach Litter 2019, il 66%, è riconducibile a 10 principali tipologie:
21,3 %: frammenti di plastica e polistirolo;
9,6 %: tappi e coperchi di plastica per bevande;
8 %: mozziconi di sigaretta;
7,4 % cotton fioc;
4,7% residui materiali edili, sintomo della presenza di smaltimenti illegali;
4,6 % bottiglie e contenitori di plastica per bevande;
3,5 % bicchieri, cannucce, piatti e posate usa e getta;
3,4 % retine per la coltivazione dei mitili;
3,1 % frammenti di vetro o ceramica.
Nel complesso sono stati rinvenuti 968 rifiuti ogni 100 metri di spiaggia, rispetto alle 93 inserite nella ricerca, per un’estensione equivalente a circa 60 campi da calcio. Un numero che analizzato in una panoramica più ampia è destinato a crescere notevolmente: come spiegano i ricercatori di Legambiente, i rifiuti rinvenuti sulle coste rappresentano solo il 15% del totale di materiali che entrano nell’ecosistema marino, trascinati dalle correnti e dai venti. “È necessario – conclude Ciafani - che le tre gambe, governi nazionale e locali, industria e consumatori, sorreggano insieme la sfida impegnativa che ci aspetta: diminuire l’enorme pressione che l’uomo esercita sui mari, gli oceani e i suoi abitanti. Il Parlamento approvi, inoltre, al più presto il disegno di legge “Salvamare” predisposto dal ministro dell’ambiente Sergio Costa unificandone i contenuti col progetto di legge sul fishing for litter presentato a Montecitorio da Rossella Muroni”.
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26 Giugno 2020Iscriviti alla nostra Newsletter!
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