La moda per l’ambiente
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La moda per l’ambiente

Anche l’industria della moda si sta sempre più approcciando ad una visione green e sostenibile, facendo propria l’ideologia dell’economia circolare: zero sprechi, riciclo e riutilizzo dei materiali.

La moda ha sempre avuto un ruolo centrale nella vita sociale e tutti, chi più chi meno, siamo stati coinvolti in questo cerchio da cui è difficile estraniarsi. Il concetto di "moda" sta cambiando radicalmente: pellicce di animale, il colletto di ermellino, gli stivali in pelle di serpente non trovano più il favore di mercato dei tempi passati. Ora si ricerca lo scarto della buccia di agrumi per ottenere magliette, le biomasse di alghe per creare la suola di scarpe e sandali, la fibra delle foglie di ananas come alternativa alla pelle animale e molte altre soluzioni alternative ed i colossi imprenditoriali della moda hanno avvertito questo cambiamento. Per esempio, la nuova campagna per la stagione primaverile promossa dal colosso della moda H&M nella linea Conscious Exclusive ha lo scopo di fornire un prodotto sostenibile e manifesta l'impegno di riduzione degli sprechi (a discapito di un prezzo maggiore rispetto alla linea di prodotti base).

Ma oltre a delle campagne, molti marchi stanno cercando di comunicare le proprie azioni di sostenibilità tramite organizzazione di eventi a tema moda ed ambiente. Un esempio è la mostra “Sustainable Thinking” al Museo Ferragamo, inaugurata a Firenze il 12 aprile e che rimarrà aperta al pubblico fino all’8 marzo 2020. Una mostra in cui la passione per la moda mette chiaramente in risalto che utilizzando materiali di riciclo e di scarto si possono ottenere pezzi unici e che un caposaldo da cui non si può prescindere è il rispetto per l’ambiente e la società.

Racconta Stefania Ricci, Direttore del Museo della famiglia Ferragamo: “Inquinano i tessuti sintetici, ma anche il cotone, che fa consumare tanta acqua. Con questa mostra vogliamo denunciare un immenso problema ma anche dare segnali di speranza e di positività. Il cambiamento è in atto, è irreversibile, bisogna cambiare il modo di pensare, fare qualità circolare come già si fa in Ferragamo, parlare della responsabilità sociale dei processi produttivi. Ognuno di noi ha una responsabilità”.

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Altri eventi degni di nota, nel marzo di quest’anno a Milano, presso Palazzo Parigi, si è tenuta la terza edizione dell’International Roundable on Sustainability, in cui si è dialogato del ruolo della moda in questa critica situazione da affrontare. In quest’occasione era presente anche Kerry Kennedy, figlia di Robert Kennedy, Presidente della Robert F.Kennedy Human Rights, istituzione non profit che si occupa di programmi educativi , formazione e investimenti socialmente sostenibili con particolare attenzione a donne e bambini. Ecco le sue dichiarazioni:

In Honduras i bambini e le bambine lavorano anche 20 ore al giorno - dice Kennedy - spesso le bambine vengono anche violentate. I lavoratori non hanno diritti, gli ultimi tre decenni sono stati di disastri. Ora il cambiamento sostenibile del Fashion potrà cambiare molte cose sui diritti umani. Quello che c’è da svelare è la giungla dei sottocontratti in Honduras come in Bangladesh dove nel 2013 sono morte in una fabbrica-torre 1.344 persone. Di recente solo otto stabilimenti hanno superato le ispezioni. Il resto è caos e schiavitù. Ecco perché tutti i marchi oggi devono denunciare pubblicamente in quali fabbriche vengono fatti i loro vestiti. È necessario investire sui diritti umani, anche per la gestione dei rischi. Occorre controllare materie prime e catena di approvvigionamento altrimenti la bomba esploderà e i bambini continueranno a lavorare in Pakistan e in Cambogia. Oggi, uno su tre Millennials scelgono marchi sostenibili”.

Insomma, da ciò che traspare è chiaro come i passi da effettuare per il raggiungimento di una vera e propria sostenibilità, sia in campo ambientale che umano, siano ancora molti da fare. Però il cammino è stato tracciato ed ora le imprese del settore devono solo continuare su questa strada, per garantire alla generazioni future ed alle imprese un mercato senza sfruttamento, senza consumi incontrollati e più attenta alle tematiche ambientali.

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