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Dallo scorso 13 giugno è entrato ufficialmente in vigore il nuovo regolamento “Made Green in Italy” che attesta, oltre all’origine italiana dei prodotti, anche l’applicazione di un sistema produttivo a basso impatto ambientale.
Con il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 56 del 21 marzo 2018, è stato ufficialmente vagliato il regolamento “Made Green in Italy” per l’attuazione dello schema nazionale volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti.
Questo decreto, previsto dalla Legge n.221 del 28/12/2015, è entrato in vigore il 13 giugno e ha fissato al suo interno tutti i parametri per ottenere questa nuova certificazione di eccellenza.
Ma di cosa si tratta, nello specifico? Il “Made Green in Italy” è stato concepito come uno strumento per rendere più competitivo l’ecosistema produttivo nazionale, soprattutto nel contesto in cui la domanda di beni prodotti con un’attenzione nei confronti dell’ambiente è sempre più massiccia.
L’impronta ambientale è calcolata adottando la metodologia PEF (Product Environmental Footprint), definita nella Raccomandazione 2013/179/UE per la determinazione dell’impronta ambientale dei prodotti.
Nello specifico, l’impronta ambientale viene calcolata sulla base delle prestazioni ambientali di un prodotto analizzato lungo tutto il suo ciclo di vita, prendendo in esame tutte le fasi dell’iter produttivo, dalla catena di produzione e fornitura, all’estrazione delle materie prime fino alla gestione del fine-vita.
Dal punto di vista pratico, la valutazione ha a che fare, ad esempio, con gli impatti sull’ambiente che possono avere l’estrazione di una materia prima, il suo trasporto, la sua lavorazione, ma anche il processo produttivo, la distribuzione e lo smaltimento.
I requisiti di accesso alla certificazione hanno come unico riferimento il fatto che i prodotti debbano vantare prestazioni ambientali pari o superiori al parametro di riferimento seguendo il metodo europeo PEF che abbiamo menzionato pocanzi.
Per ottenere il marchio il Decreto richiede, oltre ai criteri definiti dalla metodologia PEF, il rispetto di requisiti addizionali obbligatori quali:
● Tracciabilità del prodotto;
● Indicazione delle tre tipologie di impatto ritenute maggiormente significative per la categoria di prodotto in oggetto;
● Valore del benchmark.
Oltre a questi, sono previsti anche dei requisiti volontari come le informazioni relative all’impatto del prodotto in termini di qualità del paesaggio e sostenibilità sociale e quelle relative alla qualità ambientale dei prodotti.
Obiettivi
Introducendo questo regolamento, il Ministero dell’Ambiente si propone di mettere in atto una serie di obiettivi previsti dall’art.21 comma 3 del Collegato ambientale:
● Promozione di modelli sostenibili di produzione e consumo, contribuendo ad attuare le indicazioni della strategia definita dalla Commissione Europea;
● Tutela dei cittadini offrendo uno strumento in più per compiere scelte informate e consapevoli, promuovendo i valori del rispetto dell’ambiente e della trasparenza;
● Rafforzamento dell’immagine, il richiamo e l’impatto comunicativo che distingue i prodotti, attraverso l’adozione del metodo PEF.
La normativa pone delle basi per la costruzione di un iter produttivo che sia effettivamente a basso impatto ambientale, tutelando sì il territorio, ma anche il consumatore, che avrò uno strumento in più per essere conscio di acquistare un prodotto che abbia un impatto minimo sull’ambiente.
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