I nuovi settori dell’economia circolare
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I nuovi settori dell’economia circolare

L’economia circolare continua a svilupparsi, mettendo d’accordo ambientalisti e industrie. Ma non sempre il rapporto è così idilliaco.

Alcune delle notizie più rilevanti nel business del riutilizzo dei rifiuti riguardano l’industria tessile dei capi in poliestere e il settore alimentare che molto sta investendo nel riutilizzo degli scarti della frutta secca.

Il settore alimentare, in particolare, sta vivendo una fase di profondi studi e nuove soluzioni. Come detto, soprattutto gli scarti della frutta secca oggi vanno oltre il semplice riutilizzo per il foraggio o lettiere da stalla. Fonti energetiche alternative e biocarburante sono alcuni dei nuovi -potenzialmente infiniti impieghi- di questi residui alimentari.

In Italia, Ferrero si affida a Soremartec (società del gruppo che si occupa di innovazione e ricerca) per essere al passo. L’ economia circolare della nota azienda dolciaria passa -ovviamente- attraverso la nocciola. Roberto Menta, (direttore del settore nutrizione e sostenibilità) ricorda che del frutto viene utilizzata meno della metà. Il 55%, infatti, è composto dal guscio: una volta uno scarto, oggi una risorsa.

“Grazie agli studi avviati, abbiamo messo a punto un processo in grado di estrarre dal guscio il 20% di una fibra prebiotica molto interessante, l’Axos, che ha proprietà antiossidanti ed effetti benefici su sistema immunitario, cardiovascolare e sul metabolismo dei lipidi”.

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Inoltre, è stato scoperto che la cuticola, la pelle che riveste la nocciola, contiene polifenoli preziosi per la cura dei radicali liberi, delle malattie metaboliche e delle degenerazioni cognitive. I risultati finali degli studi sono attesi a breve e l’azienda dolciaria ha dimostrato che, grazie all’economia circolare, si può andare ben oltre la propria produzione ‘tipica’, occupando spazi produttivi come il settore farmaceutico o cosmetico.

Sul fronte del tessile, l’azienda recentemente balzata agli onori della cronaca è Carbios che, grazie ad un’innovativa tecnologia enzimatica, è riuscita a convertire la fibra tessile dei capi in poliestere in nuovi materiali grezzi ad alta qualità: l’enzima sviluppato è in grado di rompere i legami del materiale plastico in condizioni termiche più ecologiche rispetto ai processi ‘classici’. Un trattamento rapido, economico ed estremamente versatile.

Purtroppo, anche l’economia circolare, come tutte le innovazioni, è esposta allo sfruttamento incontrollato e, in ambito ecologico, al rischio di greenwashing. Soprattutto nel campo del vestiario, Greenpeace, attraverso le dichiarazioni di Chiara Campione (senior corporate strategist), invita alla calma e ci ricorda che “il riciclo al 100% è una chimera”.

Con il rapporto “Fashion at the Crossrdoads”, l’associazione ambientalista ha puntato il dito sul rovescio della medaglia. La falsa convinzione che il vestiario possa essere sempre e comunque recuperati, potrebbe annullare il senso di colpa che si sviluppa nel disfarsi di un capo d’abbigliamento, incoraggiando acquisti inutili.

L’unica vera strategia vincente consiste nel produrre abiti dalla “durata emotiva e fisica più lunga”. Un impegno che richiede la creazione di capi non solo realizzati con accorgimenti che diano loro fin da subito qualità ecosostenibili ma anche capaci di sviluppare un maggiore attaccamento emotivo con gli acquirenti.

Il settore della moda è particolarmente impattante e la sfida importantissima: un eccesso di fiducia nell’economia circolare potrebbe persino portare al suo abuso e ad un paradossale e dannoso incrementarsi del consumismo.

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