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Il 55% degli oceani del mondo è sfruttato per attività di pesca commerciale: la certificazione Friend of the Sea aiuta a scoprire i prodotti derivanti da pesca sostenibile e a tutelare gli oceani.
Una flotta così grande che può essere vista anche dallo spazio: non è l'esercito marittimo di una potenza mondiale, ma l’insieme delle imbarcazioni impegnate in tutto il mondo nella pesca commerciale. Un team di ricercatori statunitensi e canadesi hanno fatto questa impressionante scoperta monitorando l’impatto del mercato ittico globale sugli ecosistemi marini di tutto il mondo.
Lo studio “Tracking the global footprint of fisheries”, pubblicato sulla rivista Science, ha permesso di cogliere appieno la portata dell’attività di pesca, che copre ora almeno il 55% degli oceani del mondo, coinvolgendo quindi quattro volte la superficie coperta dall’agricoltura. Il dato è reso al ribasso: non è stato possibile registrare tutte le aree con scarso segnale satellitare o nelle quali le imbarcazioni non sono dotate di sistemi satellitari.
Bastano questi dati per capire quanto la pesca può avere un impatto distruttivo sugli oceani e le loro popolazioni, mettendo a rischio l’esistenza di specie ittiche e danneggiando delicati equilibri. L’acquacoltura è una soluzione solo parziale e può avere essa stessa un impatto negativo per l’ambiente.
Con una popolazione mondiale di 9.7 miliardi di persone entro il 2050, è molto improbabile che la domanda di pesce cali: al contrario, probabilmente continuerà a crescere. Esiste però un modo per conoscere l’impatto ambientale del pesce che si decide di mettere in tavola, o meglio, per poter essere sicuri di effettuare una scelta il più possibile sostenibile: la certificazione Friend of the Sea attesta la provenienza del pesce da risorse ittiche sostenibili.
La certificazione, nata in Italia, ha compiuto 10 anni ed è cresciuta nel tempo fino a coinvolgere 900 aziende di pesca, acquacoltura, trasformazione e distribuzione in tutto il mondo. Il marchio rosso e blu con la vela di Friend of the Sea presente sui prodotti delle aziende certificate attesta la provenienza da stock non sovra sfruttati, la pesca eseguita con metodi selettivi che non catturano specie in pericolo e non danneggiano il fondale marino. La sostenibilità non è solo ambientale, ma anche sociale: per ottenere la certificazione le aziende devono operare nel rispetto dei lavoratori ed equipaggi.
Una selezione severa, che sbarra l’accesso alla certificazione a circa il 35% dei prodotti verificati: in tal caso, le aziende devono implementare manovre correttive se vogliono ottenere la certificazione.
I consumatori possono ricercare la certificazione Friend of the Sea sui prodotti da scaffale o nei banchi del fresco, ma non solo: anche i mangimi per l’allevamento, i supplementi di Omega-3 a base di pesce, il cibo per animali e perfino i servizi di spedizione via mare vengono sottoposti ad analisi e, se rispondenti a tutti i criteri, a certificazione.
Nella corsa al soddisfacimento delle necessità alimentari di una popolazione globale in crescita, la sostenibilità è sempre più un’esigenza, alla quale - grazie alle certificazioni - anche i consumatori possono contribuire con consapevolezza.
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