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Il decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120 definisce le condizioni d’uso e i rapporti con la disciplina sui rifiuti.
Attività quali la costruzione di infrastrutture, il livellamento di opere in terra, lo sbancamento e l’edificazione di fondamenta comportano fisiologicamente la formazione di materiali di risulta, da tempo identificati con il nome di terre e rocce da scavo. A causa della diversa genesi, della presenza o meno di sostanze contaminanti o di altre condizioni che possono differire da una situazione all’altra (quantitativo prodotto, tempistica di deposito provvisorio) la legislazione è talvolta risultata insufficiente a regolamentare in maniera precisa la disciplina di questa particolare tipologia di materiale, soprattutto (ma non solo) in rapporto alla normativa sui rifiuti.
In questo senso, deve essere vista come positiva la recente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 7 agosto 2017, n. 183 del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2017, n. 120 che ha finalmente introdotto il regolamento per la gestione semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo; il provvedimento, previsto dall'art. 8, D.L. n. 133/2014 (decreto “sblocca Italia”), poi convertito nella legge n. 164/2014, è entrato in vigore quindici giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, quindi dal 22 agosto.
Partendo, quindi, dallo scopo di offrire un quadro semplificato e razionale per gli operatori del settore, il nuovo decreto individua le seguenti quattro tipologie di terre e rocce da scavo: assimilabili ai sottoprodotti, qualificate come rifiuti, escluse dalla disciplina sui rifiuti e generate all’interno dei siti oggetto di bonifica.
Le prime, provenienti da cantieri di piccole dimensioni, di grandi dimensioni e di grandi dimensioni non assoggettati alla disciplina sulla VIA (Valutazione Impatto Ambientale) o sull’AIA (Autorizzazioni Integrate Ambientali), devono essere conformi a una serie di requisiti: essere generate durante la realizzazione di un'opera, di cui costituiscono parte integrante e il cui scopo primario non è la produzione di tale materiale; l’utilizzo conforme al piano o alla comunicazione previsti, rispettivamente, all’articolo 9 e 21 del nuovo D.P.R.; l’idoneità a essere utilizzate senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale e soddisfare i requisiti di qualità ambientale previsti dal nuovo decreto. In caso di presenza di materiali di riporto (da sottoporre a test di cessione), la percentuale in peso di materiali di origine antropica frammisti a quelli di origine naturale non essere superiore al 20%. Deposito intermedio e trasporto sono disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 5 e 6.
Per quanto riguarda le terre e rocce da scavo considerate rifiuti sono previsti: il deposito temporaneo conforme alle norme tecniche che regolano lo stoccaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose nel caso siano riscontrati inquinanti organici persistenti; l’adozione di misure per scongiurare l’inquinamento di matrici ambientali o la dispersione a causa di agenti atmosferici nel caso di rifiuti pericolosi; il recupero o lo smaltimento ogni tre mesi o al superamento di 4000 m3, di cui non oltre 800 classificati come pericolosi.
Le terre e rocce da scavo che, al contrario, sono escluse dalla disciplina sui rifiuti possono essere riutilizzate nello stesso sito di produzione previo accertamento dell’assenza di contaminazione e, soprattutto, della conformità ai requisiti di cui all'articolo 185, comma 1, lettera c), del testo unico ambientale. Condizioni particolari sono previste per le terre e rocce da scavo provenienti da affioramenti geologici naturali contenenti amianto e per quelle prodotte nell'ambito della realizzazione di opere o attività sottoposte a VIA.
Da ultime, per utilizzare le terre e rocce scavo dei siti oggetto di bonifica è necessario, da un lato, analizzare un numero significativo di campioni di suolo insaturo prelevato da stazioni di misura rappresentative dell'estensione dell'opera e del quadro ambientale conoscitivo e, contemporaneamente, garantire che le attività di scavo siano effettuate senza creare pregiudizio agli interventi e alle opere di prevenzione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino e non aumentare i livelli di inquinamento delle matrici ambientali.
La nuova disciplina, che non ha effetto retroattivo, non si applica alle operazioni di immersione in mare di materiale derivante da attività di scavo, alla posa in mare di cavi e di condotte e ai rifiuti provenienti direttamente dalla demolizione di edifici o di altri manufatti preesistenti.
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