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A distanza di tre mesi dall’entrata in vigore del D.M. n. 264/2061, il Ministero dell’Ambiente è tornato nuovamente sul tema sottoprodotti con la circolare 30 maggio 2017, n. 7619, per fornire ulteriori spunti operativi.
I cosiddetti “sottoprodotti”, ovvero i residui di produzione con caratteristiche tali da renderli riutilizzabili in nuovi cicli produttivi senza la necessità di trattamenti preventivi, rivestono forti profili di interesse non solo dal punto di vista economico (il loro impiego sostituisce la necessità di ricorrere a ben più costose materie prime), ma anche ambientale, poiché sottraggono materiale al ciclo dei rifiuti perseguendo finalità tipiche della circular economy.
Dopo anni di attesa, anche l’Italia di recente si è dotata di un provvedimento (il decreto del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare 13 ottobre 2016, n. 264) contenente i criteri indicativi finalizzati a dimostrare la sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti. Tuttavia, a distanza di tre mesi dall’entrata in vigore del decreto, il dicastero di via Cristoforo Colombo è tornato nuovamente sul tema con la circolare 30 maggio 2017, n. 7619 per ribadire concetti già espressi dal D.M. n. 264/2016, ma anche per fornire ulteriori spunti operativi sulla base delle non poche richieste di chiarimento pervenute dagli operatori del settore.
Innanzitutto, la circolare ribadisce che la verifica, l’applicazione e la fornitura di documentazione dei criteri per avere sottoprodotti anziché rifiuti sono processi che, per quanto a carattere volontario, coinvolgono non solo i produttori e gli utilizzatori, ma anche amministrazioni e organi di controllo; questo a riprova del fatto che i requisiti devono valere per l’intera vita dei sottoprodotti, dalla produzione all’utilizzo in altri cicli produttivi, e non dopo la produzione degli stessi.
Altro punto rilevante è il fatto che, qualora venissero meno le condizioni per classificare il residuo come “sottoprodotto”, la responsabilità della gestione de materiale in quanto rifiuto ricadrà sul soggetto che si trova in possesso del medesimo immediatamente prima del “declassamento”, escludendo, pertanto, la responsabilità dei detentori precedenti rispetto a eventi sopravvenuti e indipendenti dalla loro volontà e attività.
Per quanto riguarda il processo di formazione del sottoprodotto, la circolare ne ribadisce la natura “residuale”; in altri termini, se il bene in esame è stato intenzionalmente prodotto per essere impiegato in un altro ciclo produttivo, verranno meno i requisiti di sottoprodotto a favore di quelli relativi ai prodotti veri e propri, assoggettati, pertanto, a un’altra disciplina. Inoltre, sul tema delle “normali pratiche industriali” relative al sottoprodotto, il Ministero ricorda che non devono alterare le caratteristiche ambientali e sanitari del residuo, sconsigliando anche operazioni effettuate da più soggetti intermediari che potrebbero, alla lunga, causare la perdita delle caratteristiche.
Chiarimenti anche riguardo al fatto che i sottoprodotti possano essere derivare, oltre che da processi produttivi, anche da attività “collaterali” come la manutenzione o la movimentazione dei materiali, alla necessità di dimostrare l’esistenza di un impianto idoneo al reimpiego del sottoprodotto e la congruità di quest’ultimo rispetto al processo al quale lo si vuole destinare e al fatto che le attività di deposito e trasporto debbano essere svolte con modalità e tempistiche tali da non compromettere la sussistenza delle caratteristiche da sottoprodotto.
Infine, nel caso in cui un utilizzo al quale si vorrebbe destinare uno o più sottoprodotti non rientri tra le fattispecie definite dalla legislazione, è compito del soggetto interessato dimostrare l’assenza di rischi per l’ambiente e la salute umana potenzialmente derivanti dal processo in esame.
La circolare n. 7619/2017 introduce, pertanto, una serie di chiarimenti interpretativi, in un momento caratterizzato, peraltro, dalla partenza ufficiale del sito internet curato da Unioncamere, che costituisce l’albo ufficiale di produttori e utilizzatori di sottoprodotti, il cui scopo è quello di incentivare un vero e proprio mercato di settore.
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