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Il report “The Pulse of the Fashion Industry” fa luce sulle principali sfide che il comparto fashion dovrà affrontare nei prossimi anni: impossibile uscirne indenni rimanendo legati a vecchi modelli.
I cambiamenti climatici sono destinati ad avere un impatto su tutti, proprio tutti gli aspetti della nostra vita. Anche i nostri vestiti. Avere a disposizione un’ampia scelta di abiti nei negozi potrebbe non essere così semplice e scontato nel 2050: il report “The Pulse of the Fashion Industry”, pubblicato da Global Fashion Agenda e The Boston Consulting Group, sottolinea le principali sfide che interessano e continueranno a interessare il settore. Buona parte di queste ha direttamente a che fare con le criticità ambientali globali.
La primissima sfida è quella del costo del materiale grezzo, destinato ad aumentare se l’industria del fashion continuerà ad affidarsi a un modello “prendi, usa, getta”. Il prezzo più grande per l’ambiente si misura in litri: la produzione di un paio di jeans e di una maglietta sono sufficienti a richiedere l’uso di oltre 20.000 litri d’acqua, secondo i dati presentati dal WWF. Tra tutte le coltivazioni di materia prima, il cotone è la più impattante: produrre e gettare, sul modello di un’economia lineare, non è più sostenibile. L’aumento della necessità di acqua nel mondo e la parallela crescita della sua scarsità non lascia scelta: servono modelli circolari e tecnologie volte a limitare l’impatto produttivo.
La scarsità d’acqua ci pone di fronte a un secondo problema: molte delle aziende produttrici si affidano sulla manodopera a basso costo in paesi in via di sviluppo. Il problema qui non è solo morale: la precarietà delle condizioni di vita, la scarsità di risorse, i disastri ambientali fanno sì che queste fondamenta siano estremamente labili. Dove non sono le condizioni ambientali a creare stravolgimenti, lo sono le condizioni di vita migliori: il fenomeno è già in corso in Cina, dove il miglioramento delle condizioni economiche e sociali hanno portato ad un aumento dei salari (e meno male!). Giocare al ribasso con i più poveri del mondo non può più essere una strategia a lungo termine.
A pesare sul costo finale del capo sono molti fattori, tra i quali i trasporti: il continuo aumento dei prezzi del petrolio rendono il suo utilizzo sempre meno sostenibile. Se non per fattori ambientali, soluzioni alternative sono necessarie quantomeno per questioni economiche.
Infine, il report evidenzia due ragioni per le quali non sarà più possibile ignorare la ricerca di una maggiore sostenibilità. Da una parte abbiamo l’imposizione di standard nazionali e internazionali, sempre più rigidi, dall’altra la volontà stessa dei consumatori. Entro il 2020, la generazione dei millennials costituirà la forza lavoro più numerosa (e dunque quella con maggiore possibilità di spesa). Una generazione molto attenta alla sostenibilità e all’etica, che considera questi due fattori dei criteri sufficienti a cambiare le proprie scelte d’acquisto. Richiesta dall’ambiente, dal mercato e dai consumatori finali, la sostenibilità è una necessità, non più un’opzione.
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4 Novembre 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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