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A Cagliari, in occasione della “Giornata Europea del Mare”, sono stati presentati nuovi studi sul potenziale energetico dei mari che circondano la Sardegna.
Secondo gli studi dell’ENEA, le aree nord e sud-ovest dell’isola convogliano un potenziale ondoso degno delle zone marine europee più produttive. Gianmaria Sannino, (responsabile del Laboratorio Modellistica climatica e impatti e delegato nazionale al Temporary Working Group “Ocean Energy” del SET-Plan), ritiene che un mini parco marino da 3 MW, realizzato con gli attuali dispositivi offshore al largo di Alghero, “potrebbe produrre oltre 9,3 GWh/anno, riuscendo a soddisfare il fabbisogno di energia elettrica di oltre 2mila famiglie”.
L’energia cimoelettrica è una delle fonti rinnovabili che il nostro Paese necessita per costruirsi un futuro più sostenibile ma lo “stato dell’arte” è ancora fermo a fasi di progettazione e di concreto non c’è ancora quasi nulla.
Un primo impianto sperimentale, denominato Kobold I, è operativo a Ganzirri (Messina). Una struttura che può garantire appena 40 kwatt, costituita da una piattaforma galleggiante che sfrutta le correnti sottomarine. Il Kobold I è stato installato nell’ormai lontano 2001 ma non ha avuto ulteriori e meglio approfondite applicazioni e nemmeno è stato testato in altre zone marine italiane.
Le cose sembrano andare un po’ meglio nei fondali di Marina di Pisa. H24 è il primo impianto cimoelettrico del Mediterraneo capace di immettere elettricità direttamente nella rete energetica e il primo al mondo che potrà lavorare sotto le onde, al riparo dai marosi che finora hanno rappresentato uno degli ostacoli naturali più complessi da affrontare.
Nel 2015 H24 è stato installato e collegato alla rete Enel e, considerato che si trova in un tratto di mare non particolarmente movimentato, può realizzare una produzione annua di circa 44 MWh. Un potenziale che, considerati i 300 €/MWh ottenuti come tariffa omnicomprensiva (H24 è l’unica struttura presente nel registro del Gestore Servizi Energetici in questa particolare categoria), si traduce in un incasso di 13.000 euro annui. Poco sia dal punto di vista energetico che di ritorno economico.
La stessa tecnologia impiegata in una situazione marina più favorevole, per esempio proprio in Sardegna occidentale, e alla piena potenza di 100 kW, potrebbe arrivare a sfiorare i 100.000 euro annui di produttività. Purtroppo siamo ancora nel campo delle ipotesi.
A breve -forse proprio in Sardegna- potrebbe vedere la prima applicazione pratica il PEWEC (Pendulum Wave Energy Converter), pensato appositamente per le onde italiane, caratterizzate da piccola altezza ed alta frequenza. Un sistema galleggiante simile a una zattera da posizionarsi in mare aperto e capace di produrre energia sfruttando l’oscillazione del suo scafo. Il modello definitivo avrà una potenza nominale di 400kW.
Tutti progetti che vanno ad inserirsi nelle prospettive comunitarie: lo sfruttamento dell’energia dal mare è infatti tra le priorità della Commissione Europea per lo sviluppo della Blue Economy e l’ENEA rappresenta l’Italia nel JP Marine Renewable Energy, il programma congiunto di ricerca sull’energia dal mare.
Viene da chiedersi però se anche l’energia che potremmo ottenere dalle recenti scoperte non rischi di fare la fine di molti altri progetti che sono rimasti tali anziché diventare realtà in un Paese come il nostro che, prima ancora di sognare progetti per le rinnovabili, necessita fortemente di un piano nazionale di transizione energetica.
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