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Esaurimento delle scorte fossili e panorama internazionale instabile tra i motivi del crollo delle fonti tradizionali. Un’analisi di Bloomberg New Energy Finance anticipa l’evoluzione dello scenario energetico.
Che le rinnovabili rappresentino l’unica via percorribile verso un futuro energetico sostenibile è cosa nota da tempo. In primo luogo perché a un esaurimento fisiologico in atto delle risorse fossili disponibili non sta corrispondendo un pari ricorso a “nuove” soluzioni per sfruttare i giacimenti ancora sfruttabili. Uno su tutti, il caso del gas estratto da giacimenti argillosi, più noto con il nome di shale gas, che, se negli Stati Uniti sta occupando una fetta di mercato in crescita costante (tra il 2000 e il 2010 il quantitativo estratto è passato da 10 a 140 miliardi di metri cubi, arrivando a coprire circa il 23% del fabbisogno di gas naturale annuale statunitense), in Europa, dopo un timido inizio, ha subito una decisa botta d’arresto con la messa al bando da parte di parecchi Stati per i ben noti rischi eccessivi di esplosione sia per l’ambiente che per la popolazione legati alla tecnica del fracking.
In secondo luogo, l’attuale scenario politico internazionale sta dimostrando tutta la precarietà degli equilibri basati su rapporti di dipendenza di uno Stato da un altro per quanto riguarda le forniture, ma anche la fragilità dei sistemi di approvvigionamento.
Non da ultimo, le rinnovabili rappresentano anche un’allettante opportunità di business, come dimostra la scalata al mercato di un colosso come la Cina (11,8 miliardi di dollari nel solo primo trimestre del 2016) o di paesi aderenti all’Opec (116 miliardi di euro stanziati dai Paesi del Golfo Persico).
Non devono stupire, quindi, i risultati di un’analisi condotta da Bloomberg New Energy Finance in base alla quale le risorse fossili sembrano avere ancora poca vita. In generale, lo scenario tracciato oscilla tra fattori incentivanti, come la riduzione dei costi delle tecnologie e la più facile accessibilità a determinate strutture (si pensi, ad esempio, alle stazioni di ricarica dei veicoli elettrici) e altri che, invece, devono essere ancora rimossi, come alcuni pregiudizi sulla capacità delle rinnovabili di soddisfare le richieste energetiche effettive piuttosto che una scarsa percezione sulle ricadute anche a livello economico.
Ma è entrando nello specifico dell’analisi che i dati sembrano tracciare un percorso irreversibile verso il sorpasso delle rinnovabili sulle fonti fossili. Così, ad esempio, in Gran Bretagna nel 2016 il carbone è stato surclassato non solo dall’eolico, ma anche dal fotovolatico (dato decisamente notevole considerata la latitudine) in riferimento alla produzione di energia elettrica. Meno eclatante, ma altrettanto significativo, il fatto che la Danimarca sia riuscita a coprire gli interi consumi di energia elettrica del 2016 ricorrendo al solo eolico.
Molto interessanti sono anche le letture in chiave economica e occupazionale. Sul primo versante risulta vincente l’utilizzo combinato di fonti rinnovabili e sistemi di efficientamento (che presentano ormai costi accessibili) che pongono in netto svantaggio il ricorso a fonti tradizionali. Sotto il profilo occupazionale emerge netto il contrasto tra il settore carbonifero, in piena fase di tagli del personale sia per la chiusura di molte miniere sia per l’utilizzo di macchinari in sostituzione della forza lavoro umana, e il mercato delle rinnovabili i cui dati, direttamente e come indotto, parlano di 8,1 milioni di persone nel 2015 (5% in più rispetto all’anno precedente) ai quali si aggiungono altri 1,3 milioni nel settore del grande idroelettrico.
Non da ultimo, all’interno di questo quadro previsionale non può essere ignorato il mercato automobilistico che, grazie alla sempre maggiore efficienza dei motori tradizionali e alla diffusione di veicoli elettrici, sta impartendo una brusca frenata al mercato dei combustibili fossili.
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