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Gli italiani sono il popolo più sano al mondo grazie alla varietà alimentare offerta dalla dieta mediterranea, che però è sempre più a rischio: in 15 anni sono stati persi 140mila ettari di coltivazioni di alberi da frutto.
Un popolo sano, anzi, il più sano al mondo, e anche il più longevo: in testa alla classifica del Bloomberg Global Health Index basata sull’analisi di 163 Paesi ci sono proprio gli italiani. Il merito è principalmente della dieta mediterranea, una delle modalità di alimentazione con il più alto livello di varietà. Il suo impatto positivo sulla salute è stato ampiamente documentato e riconosciuto anche in ambito scientifico, tanto che la dieta mediterranea è entrata a far parte del patrimonio immateriale dell’umanità Unesco.
Un tesoro che, però, negli ultimi decenni ha subito delle variazioni e che ora si trova a rischio, a causa della rapida perdita di biodiversità in agricoltura. L’allarme è stato recentemente lanciato da Coldiretti, in occasione della Festa degli Alberi, e riguarda soprattutto le piante da frutto: nel corso degli ultimi 15 anni sono scomparsi oltre 140mila ettari di piante di mele, pere, pesche, arance, albicocche e frutti minori, lasciando uno spazio sempre più ridotto alla biodiversità in tavola.
Guardando al secolo passato, si nota come il declino sia un fenomeno tutt’altro che sporadico: se nel Novecento l’Italia poteva vantare ben 8.000 varietà di frutta, oggi il numero è sceso a 2.000, con 1.500 attualmente in via di estinzione. La recente tendenza al recupero di cultivar antiche e un rinnovato interesse in tal senso da parte dei consumatori non è stato finora sufficiente a invertire la rotta.
Dopo anni di diminuzione dei consumi, infatti, il 2016 ha registrato un dato positivo, con un aumento degli acquisti di frutta pari al 2.1% rispetto all’anno precedente. La principale criticità, tuttavia, è ancora in attesa di soluzione: a far diminuire rapidamente le superfici destinate alla coltivazione di piante da frutto è il crollo del prezzo pagato ai produttori, i quali riescono con difficoltà a coprire i costi di produzione.
Il problema non può essere ignorato: la tutela di questa biodiversità non è un vezzo per il palato. È la salvaguardia di un patrimonio unico al mondo, di una varietà che tutela l’equilibrio degli ecosistemi, nonché di una ricchezza alimentare capace di favorire la buona salute e la longevità.
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