Biomasse: utili per l’ambiente, nocive per la salute?
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Biomasse: utili per l’ambiente, nocive per la salute?

Le biomasse sono considerate fonti rinnovabili rispettose dell’ambiente, ma sono anche la tipologia di combustibile per riscaldamento domestico a più alta emissione di PM2,5, la cui natura cancerogena è causa di buona parte dei decessi per inquinamento in Italia. Ambiente e salute convivono in un rapporto contraddittorio e di difficile soluzione.

Attualmente un quarto della produzione energetica dell’Eurozona è ricavata da fonti rinnovabili. Di queste, nonostante una crescita consistente del solare e dell’eolico, oltre il 63% è rappresentato dalle biomasse: una fonte rispettosa dell’ambiente, perché durante il processo di combustione emette nell’atmosfera una quantità di Co2 pari a quella assorbita durante il processo di crescita, azzerando il rilascio di nuova anidride carbonica. Un mezzo per ridurre il consumo di carburanti fossili e recuperare gli scarti agricoli e forestali. Eppure, si è sottovalutato un aspetto importante: le elevate emissioni di polveri sottili PM 2,5.

Appuratane la sostenibilità, le politiche green europee, così come quelle italiane, hanno cominciato a sovvenzionare l’uso delle biomasse e a tassare prima i combustibili liquidi (gasolio, GPL, kerosene) e poi il metano. Le normative ambientali si sono concentrate soprattutto su un settore, quello dei trasporti, emanando severe restrizioni che hanno ridotto il tetto massimo di emissione di polveri sottili da 140mg a 5mg dal 1992 al 2016. I dati ISPRA parlano di un risultato soddisfacente: le emissioni di particolato frazione PM2,5 derivate dai trasporti sono calate del 60%, nonostante l’aumento del numero dei mezzi impiegati. Ma, mentre diminuivano le emissioni delle automobili, aumentavano quelle prodotte dal riscaldamento domestico – dai 30 mln ai 60 mln di tonnellate di PM2,5 – rendendo ogni sforzo vano.

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Secondo i dati ISPRA-ISTAT, quasi tutte le emissioni primarie di PM2,5 nel residenziale sono dovute alla combustione di biomasse, nello specifico legna e pellet. Se mancano dati affidabili per stimare il consumo di legna, l’adozione del pellet ha subito un’impennata costante dal 2006: alla fine del decennio in corso si passerà a consumarne da 10 a 23 mln di tonnellate in UE e da 1 a 10 mln in Cina. Nel 2011, ISPRA ha pubblicato un rapporto in cui si evince la portata delle emissioni di PM2,5 prodotte dalle biomasse: 400 grammi/gigaJoule. Nettamente superiori al carbone (219g/GJ), gpl (3,6 g/GJ) e metano (0,2g/GJ). Una ricerca della European Respiratory Society sottolinea come le emissioni di particolato fine dovute a legna e pellet a uso domestico sono fino a cinque volte superiori di quelle prodotte dalle grandi centrali a biomassa. 

La questione è complessa. Da un lato, nell’ottica di un’efficace mitigazione del cambiamento climatico, la riduzione delle emissioni di gas serra è fondamentale e prioritaria. Dall’altro le PM2,5 sono estremamente nocive per l’uomo, in quanto le dimensioni ridotte delle polveri consentono al particolato di arrivare a intaccare i polmoni in profondità e, secondo il progetto VIIAS, per via della loro natura cancerogena indipendente dall’origine emissiva, sono le principali responsabili di oltre il 60% dei decessi per inquinamento che avvengono annualmente in Italia.

Il quadro è quindi poco incoraggiante ed è arduo trarre conclusioni sulla strada migliore da intraprendere. Sicuramente non tutti gli impianti domestici a biomasse sono uguali, e una rigida regolamentazione della qualità di combustibili, installazione, manutenzione e condotti darebbe un contributo importante. Così come la produzione di piani industriali volti ad aumentare le classi di efficienza energetica e l’isolamento termico durante le fasi di costruzione e ristrutturazione. Certo restano fattori difficili da controllare, come il comportamento sociale, secondo cui l’efficienza tecnologica si traduce spesso in un aumento della domanda pro-capite di energia, o la presenza di condizioni climatiche sempre più instabili che, complici inversione termica e assenza di vento, inchiodano i vari inquinanti al suolo. Per il momento, però, è importante non dare per scontato che le biomasse siano una fonte sostenibile a tutto tondo, iniziando ad affrontare il problema dell’inquinamento da esse prodotto prima che la situazione peggiori ulteriormente.

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