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Il pacchetto “Energia pulita per tutti gli europei”, presentato dall'UE lo scorso 30 novembre, ha suscitato forti preoccupazioni fra le associazioni ambientaliste. Alcune misure proposte, infatti, sembrano strizzare l'occhio alle fonti fossili ostacolando di fatto la diffusione delle rinnovabili.
Da un lato c'è la Commissione Europea, che sostiene che il pacchetto di riforme del mercato elettrico “Energia pulita per tutti gli europei”, presentato lo scorso 30 novembre, taglierà le emissioni inquinanti almeno del 40% entro il 2030 aggiungendo, al contempo, l’1% di Pil e creando 900 mila nuovi posti di lavoro. Dall'altro c'è la forte preoccupazione delle associazioni ambientaliste, che denunciano come alcune fra le misure proposte non solo non agevoleranno la transizione verso l'energia pulita, ma serviranno da deterrente alle iniziative in tal senso mantenendo in vita, invece, i vecchi poteri legati alle fonti fossili.
Due, essenzialmente, le pietre dello scandalo fatte trapelare dal Guardian nei giorni scorsi. La prima riguarda i cosiddetti capacity payments, cioè una serie di sussidi di cui beneficeranno carbone, gas e nucleare con il pretesto di tenere le centrali pronte per essere accese all'occorrenza. In questo modo “di qui al 2020” denuncia Tara Connolly, consulente politica di Greenpeace Europa “circa il 95% delle centrali a carbone avrebbe i requisiti per ricevere questo sussidio, stando alla proposta della Commissione che include un tetto massimo per la CO2 solo per le centrali di nuova costruzione”.
La seconda perplessità si riferisce alla proposta di far decadere la priorità di dispacciamento dell’energia proveniente da fonti rinnovabili all’interno della rete elettrica europea. Si tratta di una norma esistente che consente l'immissione in rete dell’energia da fonti rinnovabili prima di quella originata da inquinanti centrali a carbone o nucleari. Il suo abbandono potrebbe fare sì che i finanziamenti nel settore subiscano un raffreddamento e che -aspetto non trascurabile- gli impianti di rinnovabili rischino di essere spenti in caso di eccesso di offerta. Continua la Connelly, spiegando il concetto: “è più semplice ed economico spegnere l’energia del sole e del vento piuttosto che le centrali a carbone o nucleari, che sono estremamente poco flessibili”.
Di qui le grida di allarme provenienti da più parti. “Oggi è il black wednesday delle rinnovabili e dell’efficienza energetica in Europa” ha affermato il Coordinamento Free – Fonti rinnovabili ed efficienza energetica. E mentre Legambiente riferisce di proposte che “non consentono all’Europa di accelerare la transizione verso un sistema energetico libero da fossili”, Greenpeace rincara la dose dichiarando che, con le misure proposte, l'Unione “tira il freno, distribuisce soldi alle centrali a carbone e dà alle compagnie energetiche più potere di controllo sul sistema energetico, limitando il ruolo dei consumatori come produttori di energia rinnovabile”.
Le note positive contenute nel pacchetto (la possibilità per i cittadini di produrre, conservare e vendere la propria energia, o l'iniziativa volta a incentivare l'utilizzo di energia pulita negli edifici, responsabili del 40% del consumo del UE) non bastano a placare gli animi. Lo stesso innalzamento dell'obiettivo di risparmio energetico dal 27 al 30% viene peraltro considerato insufficiente,vista l'urgenza delle sfide ambientali e gli impegni assunti in altre parti del mondo.
Molti governi sembrano, infatti, aver compreso di dover abbandonare le fonti fossili, e a Marrakech 48 Paesi in via di sviluppo, raggruppati nel Climate Vulnerable Forum, si sono impegnati a raggiungere il 100% di rinnovabili entro il 2050. E così, mentre nel mondo gli investimenti nel settore sono triplicati nel corso degli ultimi 10 anni, il vecchio continente rischia pesantemente di rimanere indietro.
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