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Il governo svedese sta vagliando una proposta di governo mirata a sostenere la politica del recupero e del riciclo con incentivi e sgravi fiscali. La manovra si inserisce in una strategia mirata a ridurre l’impronta di carbonio del Paese.
Oggetti usurati, vecchi o rotti. Cosa farne? Gettarli via e comprarne di nuovi come il carosello consumistico degli ultimi decenni ha ossessivamente ripetuto o dare retta al concetto, rivoluzionario e reazionario insieme, di economia circolare e provare a recuperarli? La Svezia non ha dubbi e sceglie un teorema semplice quanto seducente: più ricicli, meno paghi.
Si tratta di una proposta lanciata dai Verdi e dai Socialdemocratici svedesi, che verrà vagliata dal governo a dicembre. In caso di approvazione, il disegno diventerà legge dal 10 gennaio 2017. A quel punto, scegliere la strada del riciclo, riparare, dare nuova vita a cose che sembrano averla perduta frutterà alle piccole aziende e ai singoli cittadini una riduzione sulle tasse, che si tradurrà in un taglio dell’IVA dal 25% al 12% e in ulteriori sgravi fiscali.
”Se vogliamo risolvere i problemi di sostenibilità ambientale dobbiamo lavorare sui consumi” spiega Per Bolund, Ministro delle Finanze. Gli incentivi si inseriscono nella strategia del governo per ridurre la propria impronta di carbonio: nonostante, complessivamente, la nazione abbia ridotto del 23% le proprie emissioni di CO2 rispetto a valori del 1990, quelle legate al consumo hanno infatti continuato a crescere.
“Le emissioni provenienti dalla Svezia che influenzano il clima sono in diminuzione, ma le emissioni da consumo sono in aumento. Oggi i consumatori sono attivi nel voler ridurre l’impatto ambientale e acquistano più alimenti biologici o danno valore all’economia della condivisione, quella circolare del riciclo. Dobbiamo spingere su questo” ha aggiunto Bolund.
In quest’ottica, cambia il modo di concepire e misurare il valore delle cose: dall’abbigliamento agli oggetti hi-tech, dagli elettrodomestici ai complementi d’arredo, tutto può essere soggetto a recupero ed essere riparato, in una lotta allo spreco e all’usa-e-getta che, anziché essere scoraggiato com’è capitato in passato, assume la forma del vantaggio economico a 360°.
Sì perché, secondo i calcoli effettuati, la nuova politica porterebbe alla Svezia un risparmio di 200 milioni l’anno, al netto degli incentivi statali destinati alle piccole imprese e ai cittadini. Allo stesso tempo, a fronte di un calo delle vendite dei nuovi prodotti, l’operazione sarebbe in grado di offrire nuovi posti di lavoro a tutta una serie di soggetti specializzati nell’arte del riciclo e del recupero.
Rifiuti evitati all’origine, un modello educativo che punta al risparmio di risorse e un ritorno economico a tuttotondo: se il caso della Svezia si rivelerà vincente, si potrà finalmente smettere di considerare l’economia lineare come unica via per evitare il tracollo, e a ragion veduta accostare all’innegabile valore socio-ambientale dell’economia circolare la caratteristica di poter diventare un’alternativa reale, sostenibile e persino redditizia.
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