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Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) lancerà a breve una consultazione via web per affrontare i temi centrali del recepimento della direttiva sulla disclosure delle informazioni non finanziarie.
Entro il 2017, le imprese con più di 500 dipendenti e le aziende ritenute “di interesse pubblico” da parte del legislatore nazionale, avranno l’obbligo di comunicare nella propria relazione di gestione anche informazioni di tipo ambientale e sociale. E in base, al principio del "comply or explain", dovranno motivare eventuale mancata disclosure su queste tematiche.
Ne abbiamo parlato con Francesca Bisceglia, Punto Nazionale di Contatto OCSE del Ministero dello Sviluppo Economico: “L’obiettivo della consultazione è raccogliere commenti e suggerimenti sulle tematiche centrali della direttiva europea 95/2014 e anche su quegli aspetti in cui c’è un margine di flessibilità da parte del legislatore nazionale”.
A seguito di questa consultazione verrà predisposta una bozza di provvedimento che verrà seguita poi da una seconda consultazione pubblica. “Normalmente - precisa Bisceglia - il Ministero dell’Economia e delle Finanze fa una sola consultazione direttamente sulla bozza di provvedimento, però in occasione della direttiva è stato pensato un processo di consultazione «rafforzato» perché il coinvolgimento degli stakeholder in questa fase è stato ritenuto particolarmente importante e si pensa possa contribuire ad avere una normativa nazionale efficace e aderente al contesto nazionale”.
In contemporanea è in corso una consultazione pubblica lanciata dalla Commissione europea sugli orientamenti previsti dalla direttiva. “Si tratterà di orientamenti non vincolanti e probabilmente non prescrittivi che la Commissione redigerà entro il 6 dicembre. Sarebbe stato utile avere questo documentazione in corso di recepimento ma probabilmente consultazione europea e nazionale si sovrapporranno”. Prima della consultazione l’Italia ha avviato una serie di iniziative di coinvolgimento e sensibilizzazione degli stakeholder. Il MEF ha attivato un tavolo inter-istituzionale con i soggetti pubblici più interessati e competenti in materia come: MISE, Ministero dell’Ambiente, Ministero del Lavoro e Consob. E il MISE ha incontrato diverse aziende partecipate pubbliche e associazioni di categoria.
Quello che è emerso, soprattutto dal confronto con le aziende, è che il reporting in Italia è un fenomeno a macchia di leopardo, dove ci sono imprese che rendicontano da anni e quindi hanno messo in piedi dei sistemi non solo di reporting ma anche di monitoraggio delle informazioni e altre che, invece, dovranno strutturare meglio le attività di rendicontazione di queste informazioni. Poi ci sono anche imprese che non hanno esperienza di reporting sociale e ambientale. “Siamo consapevoli - ammette Bisceglia - che le imprese si andranno a confrontare con nuovi obblighi che, soprattutto per chi rendiconta la prima volta, comporteranno oneri, costi e cambiamenti. La direttiva va però interpretata in un’ottica di costi-benefici poiché costituisce un punto di partenza per la trasparenza, l’accountability e la creazione di fiducia da parte degli stakeholder. Si tratta di un’opportunità per comunicare adeguatamente il contributo che le aziende apportano alla società”.
A livello europeo, alcuni Stati membri hanno già recepito la direttiva. La Danimarca, in particolare, ha adottato un approccio più ambizioso rispetto a quanto richiesto da Bruxelles e prevederà l’obbligo di rendicontazione nell’esercizio 2016 per le imprese quotate più grandi e le partecipate. Mentre dall’esercizio 2018 l’obbligo sarà esteso a tutte le grandi aziende, sopra i 250 dipendenti. Bisceglia su questo punto sottolinea come: “La Danimarca è stata rapida e audace. Consideriamo però che gli stati europei partono da quadri legislativi molto diversi tra di loro, dove ci sono Stati che dovranno legiferare ex novo, come l’Italia, e altri Stati che hanno una normativa già strutturata come nel caso della Danimarca e del suo Danish Financial Statement Act sulla CSR”.
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