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Nel tessile si usano troppe sostanze tossiche che inquinano e sono pericolose per la nostra salute. Vestire più green e sicuri è possibile. Camera Nazionale della Moda Italiana ha pubblicato le linee guida sui requisiti eco-tossicologici per gli articoli di abbigliamento, pelletteria, calzature e accessori.
"La moda passa, lo stile resta", così diceva Coco Chanel e oggi che la sostenibilità è diventata di moda sarebbe cosa buona e giusta che diventasse uno stile. Soprattutto nel mondo della moda. L'industria tessile è la seconda più inquinante al mondo, dopo quella che impiega fonti tessili per produrre energia. Oltre duemila sostanze chimiche, molte delle quali sono tossiche per l'ambiente e per la salute, sono utilizzate per produrre i nostri abiti e accessori finendo sulla nostra pelle, influendo sul nostro sistema ormonale e aumentando il rischio di allergie e tumori.
Non sempre etica ed estetica vanno a braccetto e proprio per questo la Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMi) ha mosso il primo passo verso il raggiungimento di una moda pienamente sostenibile con la pubblicazione delle "Linee Guida sui requisiti eco-tossicologici per gli articoli di abbigliamento, pelletteria, calzature e accessori", un vademecum finalizzato alla progressiva riduzione, e dove possibile eliminazione, dell’utilizzo di gruppi di sostanze chimiche nella filiera, a beneficio dell’ambiente e dei consumatori.
Si tratta il primo di una serie di documenti prodotti dal Tavolo Permanente di CNMi, nato nel 2012, che riunisce alcuni tra i più importanti brand della moda italiana tra cui Ermenegildo Zegna, Gianni Versace, Giorgio Armani, Gucci, Loro Piana, OTB, Prada, Salvatore Ferragamo e Valentino attivi sul fronte della moda detox. Insomma, anche nel mare magnum della moda che luccica si trova qualche pepita d'oro vero.
Nel 2014 il 13% dei consumatori dei beni di lusso ha citato la sostenibilità come valore fondamentale nelle loro decisioni di acquisto e già dal 2010 Camera Nazionale della Moda Italiana si era impegnata nell’implementare la sostenibilità come valore fondante del sistema moda italiano, tenendo conto dei fattori ambientali e sociali.
L’ambiziosa sfida del Tavolo Permanente di CNMi è quella ripensare il futuro del pianeta e della moda, dal momento che i tessuti e i pellami impiegati dai grandi brand del lusso mondiali sono in gran parte prodotti in Italia, e dal momento che questi hanno optato per un approccio più rispettoso dell'ambiente, in particolare nella gestione del rischio chimico.
Ftalati, alchilfenoli etossilati, PFC, ammine, coloranti azoici, formaldeide e metalli pesanti (cadmio, piombo, mercurio, cromo VI) sono solo alcune delle sostanze tossiche nel mirino delle campagne detox che hanno investito il campo della moda; sulla spinta delle richieste avanzate dai consumatori sono sempre di più i brand che dimostrano un'attenzione alla sostenibilità che va oltre il rispetto della normativa vigente (regolamento CE n.1907/2006 "REACH Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals").
Il Tavolo di CNMi sta, infatti, già lavorando a una lista di sostanze chimiche impattanti sui processi di produzione e sono da tempo allo studio altri temi fondamentali come l’approvvigionamento delle materie prime, la responsabilità sociale e le misure di sostenibilità legate alla rete di vendita e alla distribuzione.
Già perché per il mondo della moda l'ecologia è una questione, oltre che di buone pratiche, anche di marketing. Coniugare sostenibilità e competitività non è sempre facile ma i brand che riusciranno in questa sfida, coinvolgendo l’intera filiera di produzione e distribuzione, si saranno costruiti un vantaggio competitivo davvero invidiabile.
La Redazione: abbiamo provato più volte a raggiungere telefonicamente Camera Nazionale della Moda Italiana per registrare una loro dichiarazione ma ogni tentativo è stato vano. Speriamo che il loro impegno verso la sostenibilità sia autentico e non una mera azione di greenwashing. Perché giova ricordarlo, una strategia di sostenibilità non può prescindere dall'ascolto e dialogo con tutti gli stakeholder, media compresi.
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