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Veronica Nicotra, Segretario Generale dell’Associazione dei Comuni Italiani (ANCI) illustra il progetto Start City e analizza lo stato dell’arte delle città italiane nel 2016.
Il 21esimo secolo è stato definito “il secolo delle città”; infatti, per la prima volta la popolazione urbana ha superato quella extra-urbana arrivando a quasi 4 miliardi di persone che risiedono nelle metropoli e la dimensione media dei centri urbani è in continua e costante crescita, si presume infatti che nel 2030 ci saranno oltre 40 Megacity con 10 milioni e più di abitanti.
Questi processi offrono rilevanti opportunità e, al contempo, sfide per la gestione e la sostenibilità dei modelli di sviluppo; per questo motivo è stato lanciato il progetto “Start City’’ dal Coordinamento ANCI dei Sindaci delle Città Metropolitane in collaborazione con The European House – Ambrosetti, con l’obiettivo di progettare un piano per lo sviluppo delle Città Metropolitane in Italia, dando particolare attenzione alle implicazioni economiche, alla crescita occupazionale e alla capacità dei territori di attrarre nuovi investimenti.
Il progetto si prefigge numerosi obiettivi:
1) Pianificazione territoriale, che deve essere coerente con la visione di sviluppo e gli obiettivi di crescita, di gestione dello sprawl urbano e del raccordo tra centro e periferia;
2) Riqualificazione urbana, basata sul riutilizzo del patrimonio esistente, includendo soluzioni di social housing e creazione di Landmark in chiave economica;
3) Sostegno all’innovazione, insediando poli di eccellenza a livello internazionale e favorire la creazione di filiere integrate sul territorio;
4) Mobilità e trasporto pubblico, ispirati ai concetti di smartness e di sostenibilità.
Ne abbiamo parlato con Veronica Nicotra, Segretario Generale ANCI: “Le grandi aree urbane italiane hanno finalmente lo strumento giuridico istituzionale per affrontare le principali sfide metropolitane, colmando un divario con città europee del calibro di Parigi, Londra, Barcellona. Rispetto alle grandi città europee, però, che affrontano spesso una situazione di forte divario e conflitto sociale, dove le periferie concentrano comunità completamente escluse dalle opportunità garantite a chi vive nei quartieri più ricchi, il rilancio delle città italiane può partire da un patrimonio peculiare di coesione sociale che le rende luoghi delle relazioni e della qualità della vita. Un patrimonio che può essere valorizzato attraverso processi di innovazione sociale che investano la governance, la produzione di servizi, l’economia delle città”.
Parlando del progetto Start City e dei passi avanti sanciti da esso: “Più che di passi avanti, parlerei di impegni che le città possono assumere in questa fase per attuare miglioramenti negli anni a venire.
In primo luogo l’impegno a costruire sinergie con il mondo dell’impresa, della ricerca, della creatività. Guardiamo a casi come quelli di Londra e Parigi, presenti a questo forum, con la consapevolezza che le città metropolitane italiane possano fare tesoro di esperienze come l’International Business Advisory Council for London and Paris Developement.
Questo è reso possibile anche dall’esperienza consolidata che molte città metropolitane italiane hanno costruito anticipando la riforma istituzionale e avviando piani strategici metropolitani prima che la norma lo imponesse: Torino, Bologna, Bari, Cagliari, Milano, Palermo.”
Un secondo punto è invece costituito dall’impegno a promuovere l’innovazione nella governance, nei servizi e nell’economia: “L’innovazione nella governance passa attraverso la pianificazione strategica e l’uso delle tecnologie digitali per garantire un’amministrazione trasparente e collaborativa. Le città metropolitane saranno città degli open data, dei social media, delle piattaforme per la governance collaborativa.
L’innovazione nei servizi passa per l’attivazione di servizi intelligenti nel welfare, nella mobilità, nell’energia. Questa innovazione non è resa possibile solo dalle nuove tecnologie, ma prima ancora dal capitale sociale delle metropoli in cui i cittadini concorrono alla cura del bene comune anche attraverso formule innovative proprie del welfare di comunità.
L’innovazione economica, come emerge nel Libro Bianco, passa sempre più per azioni finalizzate a proteggere e incentivare l'imprenditorialità, con particolare attenzione per l'economia della conoscenza che nelle città dimostra di avere il proprio baricentro.”
Rilevante il ruolo delle Città Metropolitane italiane, che potranno instaurare rapporti significativi con il mondo dell’economia e dell’impresa: “Da parte delle istituzioni emerge l’auspicio che i governi metropolitani possano arginare la frammentazione della governance territoriale che fin qui ha rappresentato un ostacolo per la produzione di buone politiche per lo sviluppo. La domanda che dall’altra parte emerge dal mondo produttivo è quella di una governance collaborativa, aperta alle conoscenze e alle proposte delle imprese già collocate sul territorio e di quanti intendono avviare attività imprenditoriali. Le Città Metropolitane sono in questi mesi impegnate nella formulazione dei propri Piani Strategici, strumenti previsti dalla legge 56/2014 per la programmazione delle principali traiettorie di sviluppo territoriale negli anni a venire. Un processo che passa attraverso il coinvolgimento e l’attivazione delle società metropolitane”.
Nello specifico, il Libro Bianco Start City sancisce che:
“1) La politica che deve garantire un chiaro e stabile indirizzo strategico di medio-lungo periodo, la coerenza delle scelte conseguenti e le condizioni di attrattività del territorio, promuovendo percorsi di condivisione, una governance il più possibile inclusiva e puntando al rafforzamento di una leadership diffusa sul territorio, con un ruolo forte della classe imprenditoriale, accademica e civile.
2) La comunità economica ed imprenditoriale che deve assicurare (in primis) la competitività delle proprie imprese ed un contributo attivo e costruttivo in vere partnership pubblico-privato per lo sviluppo all’interno di un nuovo rapporto fiduciario con l’amministrazione pubblica.
3) La società civile e le sue rappresentanze che devono contribuire apportando delle risorse culturali e progettuali e concorrere alla definizione degli obiettivi di lungo periodo per il territorio e garantire la continuità – e il controllo sociale – ai processi di sviluppo che, per loro natura, sono molti più lunghi della durata dei mandati di ogni singola amministrazione pubblica.
L’obiettivo ultimo è ottimizzare l’ecosistema economico, urbano e d’innovazione, guardando alla rimozione dei fattori inibitori allo sviluppo e puntando a favorire i fattori abilitanti, per liberare energie per la crescita”.
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