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Un approccio incentivante, il riconoscimento del ruolo centrale dei consorzi e loro estensione ai rifiuti che non rientrano nella categoria degli imballaggi: così il consorzio Remedia auspica l'arricchimento della ricetta dell'Antitrust per il miglioramento del riciclo dei rifiuti urbani.
Ridurre il conferimento dei rifiuti in discarica puntando su riciclo e termovalorizzazione, incrementare la raccolta differenziata porta a porta, aumentare l'eco-tassa con fedeltà al principio “chi inquina paga”, riformare i consorzi degli imballaggi per favorire la concorrenza: queste sono le principali misure indicate dal Presidente dell'Antitrust Giovanni Pitruzzella in occasione della presentazione dei risultati dell'indagine conoscitiva effettuata dall'Autorità sui rifiuti urbani.
Proprio sulla riforma dei consorzi, l'Antitrust insiste particolarmente, indicando la necessità di una riorganizzazione sul territorio italiano.
L'analisi, però, prende in considerazione soltanto i consorzi legati agli imballaggi: eppure sono molti altri i rifiuti che rientrano nella categoria degli scarti urbani e proprio altri consorzi potrebbero essere presi come modello per una gestione più virtuosa.
Ne abbiamo parlato con Danilo Bonato, Direttore Generale ReMedia: “L'analisi condotta dall'Antitrust presenta per certi versi una visione parziale: molte delle soluzioni auspicate sono già realtà per rifiuti che non rientrano nella categoria degli imballaggi. Su tutti, il principio della responsabilità estesa del produttore, già in vigore per quanto riguarda i RAEE”.
Con 16 soggetti in competizione tra loro, il Consorzio può già rappresentare un modello al quale tendere.
Un modello, sottolinea il presidente Bonato, da estendere non solo ai consorzi per gli imballaggi, ma anche intervenendo su un'ampia sezione di rifiuti urbani che attualmente non ha nessun consorzio di riferimento: “Occorre pensare a un modello consortile senza fini di lucro, con supervisione istituzionale ed esteso ad aree attualmente non coperte: penso
al tessile, per il quale esistono soltanto iniziative volontarie, ma anche ai rifiuti organici e al vastissimo settore delle costruzioni. Un assetto più competitivo, con la supervisione della Stato, potrebbe garantire maggior controllo sull'adeguatezza dei trattamenti e avere positive ricadute sul fronte occupazionale”.
Le indicazioni fornite dall'Antitrust, prosegue Bonato, necessitano di essere arricchite da un cambio di prospettiva: “Innanzitutto, i consorzi devono essere riconosciuti come uno snodo fondamentale della gestione della materia da recuperare. Il produttore è responsabile della gestione del ciclo di vita: vuole riprendersi il prodotto a fine vita per recuperare materia prima, ma vuole anche la possibilità di scegliere come gestire il flusso, in un'ottica di economia circolare”.
Si hanno così ricadute anche per quanto riguarda il tema dell'eco-tassa: “La sua applicazione è fondamentale, ma occorre anche premiare, non solo punire.
È necessario dare valore ai comportamenti virtuosi e adottare un approccio incentivante, per le aziende e per i cittadini. Nel primo caso sono due gli scogli maggiori da superare: è necessario rendere la normativa più semplice ed alleggerire l'iter burocratico. Inoltre, produrre a partire da materia prima riciclata deve diventare più semplice e deve essere conveniente.
Si può intervenire in vari modi, ad esempio, con incentivi fiscali, incentivi all'innovazione, ricorrendo a fondi europei. Anche a sostegno del cittadino occorre un approccio incentivante: i comportamenti virtuosi devono essere resi il più possibile semplici”.
Le misure indicate dall'Antitrust, insomma, non possono essere considerate né corrette né sbagliate a priori: “La raccolta porta a porta o qualsiasi altro mezzo di raccolta dei rifiuti è, appunto, solo uno strumento. Come tale non è né corretto né errato. Occorre cercare la soluzione più adatta in base al tipo di rifiuto e alle caratteristiche del territorio”.
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