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Le disposizioni di cui ai Capi VI e V rappresentano un test importantissimo per l’Italia: in palio le future linee politiche nazionali sull’ambiente, con l’opportunità di diventare, per la prima volta, capofila in Europa.
Oltre alle numerose disposizioni di modifica dell’attuale legislazione ambientale (si vedano gli approfondimenti precedenti), nel collegato ambientale trovano spazio misure finalizzate a un rilancio, auspicabilmente definitivo, della green economy (Capo IV), ma anche all’introduzione della cosiddetta “circular economy” (Capo V), modello di crescita che prevede l’autosostentamento basato sulla valorizzazione e sul riutilizzo di materiali di scarto.
Green economy
Tre sono le leve individuate dal legislatore a favore della green economy.
La prima è un rafforzamento delle certificazioni volontarie, in continuità con il trend già in atto da parecchio tempo nell’Unione europea, che premia, in termini di semplificazioni e sgravi, le aziende e le organizzazioni che si siano dotate di uno o più modelli organizzativi conformi a standard di certificazione. Così, l’articolo 16 interviene su un settore particolarmente strategico come quello degli appalti, inserendo criteri di prestazione ambientale “certificati” tra quelli che contribuiscono a rendere un’offerta economicamente più vantaggiosa. Questo aspetto appare ancora più rilevante se si pensa che viene fatto esplicito riferimento al concetto di “ciclo di vita del prodotto” premiando aspetti quali il risparmio energetico e dei consumi in genere, la riduzione di emissioni (compresi i meccanismi per la compensazione delle emissioni di gas serra), ma anche una forte attenzione a minimizzare, se non addirittura annullare, gli impatti sull’ambiente dei prodotti e dei servizi erogati. Il ruolo “strategico” delle certificazioni viene ribadito anche nell’articolo 17 che le inserisce tra i criteri di cui tenere conto per l’assegnazione di l’assegnazione di fondi pubblici legati a temi ambientali.
La seconda leva a favore della green economy (articoli 18 e 19) riguarda il cosiddetto “green public procurement” (o “appalti verdi” per le PA) e stabilisce l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di inserire nella documentazione di gara i cosiddetti “criteri ambientali minimi”, regolamentati dal ministero dell’Ambiente attraverso futuri appositi decreti, focalizzati su categorie merceologiche diverse, la cui corretta applicazione sarà sorvegliata dall’osservatorio sui contratti pubblici.
La terza, ma non meno importante, misura per il rilancio della green economy (articolo 21) è la messa a punto di uno schema volontario per la valutazione e la comunicazione dell’impronta ambientale dei prodotti, denominato “Made Green in Italy”, che, tra le altre cose, rappresenta il primo caso di recepimento, da parte di uno stato membro nell’Unione, della raccomandazione 2013/179/CE sull’environmental footprint.
Circular economy
Altrettanto interessanti e ambiziose sono le misure di cui al Capo V del collegato che, sebbene possano apparire come semplici modifiche a disposizioni già in vigore, in verità contribuiscono a rafforzare le politiche di recupero e di riutilizzo di materiale di scarto, a supporto del cosiddetto modello della “circular economy”.
In questo senso, spicca l’aggiunta del nuovo articolo 206-ter al D.Lgs. n. 152/2006, che dispone la messa a punto di accordi e contratti di programma per promuovere l’acquisto di prodotti «derivanti da materiali post-consumo o dal recupero degli scarti e dei materiali rivenienti dal disassemblaggio dei prodotti complessi». Sempre in chiave supporto a questi prodotti, vanno visti l’erogazione di incentivi in favore di attività imprenditoriali di commercializzazione e la previsione di punteggi premianti nei bandi di gara a favore di chi li farà rientrare nei capitolati. Peraltro, allo stato attuale, le risorse finanziarie da dedicare e la definizione delle misure incentivanti sono ancora indeterminate e saranno oggetto di futuri provvedimenti ministeriali.
Altettanto coerente con queste finalità è anche l’aggiunta del comma 1-bis all’art. 180-bis, D.Lgs. n. 152/2006, che dispone come i comuni, all’interno dei centri di raccolta RAEE, possano prevedere spazi dedicati all’esposizione temporanea, finalizzata allo scambio tra privati, di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo.
Decisamente interessante è quindi la sfida lanciata dal collegato ambientale che, se opportunamente colta, sarà in grado di proiettare l’Italia ai vertici delle politiche ambientali comunitarie.
Questo era l'ultimo di tre estratti a commento del nuovo collegato ambientale. Qui è possubile rileggere i primi due.
Il collegato ambientale 2015: tra modifiche e novità (primo estratto)
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