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Nel 2014, i rifiuti urbani e industriali movimentati attraverso i confini del nostro Paese sono stati quasi 10 mega tonnellate: secondo il rapporto “L'Italia del riciclo” 2015, l'import e l'export di rifiuti hanno raggiunto rispettivamente 5,9 Mt e 3,8 Mt.
I rifiuti viaggiano, e non poco. L'edizione 2015 del rapporto "L'Italia del riciclo", realizzato dalla Fondazione dello Sviluppo Sostenibile insieme a Fise Unire sulla base dei MUD (modello unico di dichiarazione ambientale) che i produttori e gestori di rifiuti hanno consegnato alle Camere di Commercio, ha reso visibile lo spaccato di questi spostamenti transfrontalieri. Nello specifico, nel 2014 i rifiuti urbani e industriali movimentati attraverso i confini del nostro Paese sono stati quasi 10 mega tonnellate, distribuiti fra un import di 5,9 Mt e un export di 3,8 Mt.
A importare rifiuti nel nostro Paese sono poco più di 800 soggetti che svolgono tutti, a vario titolo, attività di gestione di rifiuti, mentre i responsabili dell'esportazione sono circa 1300 operatori fra produttori iniziali e gestori intermedi. L’import, in maggioranza composto dai rifiuti da costruzione e demolizione, riguarda quasi esclusivamente imprese ed enti del Nord Italia, che ricevono circa il 96% della quantità in entrata da Germania (20% del totale), Francia (17%), Svizzera (14%) e altri Paesi. A livello regionale, la Lombardia si posiziona al primo posto importando quasi la metà di tutti i rifiuti in entrata nel Belpaese; segue il Friuli Venezia Giulia, che riceve oltre il 30% del totale importato.
Del tutto diversa, invece la situazione export, che coinvolge massicciamente anche il Centro-Sud, per un flusso di rifiuti variegato: il 24% del totale in uscita è formato da plastica e carta, ma la maggiore parte, circa il 60%, non rientra in nessuno dei gruppi merceologici selezionati, caratterizzandosi per un’alta incidenza di pericolosi. Al di là del mero calcolo, utile a cogliere la portata del fenomeno, cosa si nasconde dietro a questi flussi migratori di rifiuti? “L’analisi simultanea dei dati di import e di export consente di evidenziare le “sovrapposizioni” esistenti tra i flussi, con l’obiettivo di individuare tra i rifiuti esportati i potenziali “succedanei” di quelli importati” si legge nel report. Grazie a questo meccanismo, si possono determinare mancanze ed esuberi lungo la filiera di produzione e gestione, con il risultato di portare alla luce inefficienze e paradossi della realtà italiana. Dall'esame emerge, infatti, che almeno 450.000 tonnellate di rifiuti (l’8% del totale importato, al non trascurabile prezzo di ingenti costi economici e ambientali) potrebbero essere reperiti in Italia anziché oltreconfine, mentre l'esportazione risulta vincolata e riconducibile a una carenza negli impianti di gestione nazionali.
Una mancanza di efficienza che si scontra con gli obiettivi e il concetto stesso di economia circolare cui l'Europa - e l'Italia con essa - si fa vanto di mirare. “Il riciclo di materia può svolgere una funzione fondamentale dovuta al risparmio di energia nella produzione di materie prime e quindi alle emissioni di CO2 evitate” ha dichiarato in proposito Anselmo Calò, presidente di Unire. “Per far questo è necessario scoraggiare lo smaltimento in discarica e migliorare la qualità dei materiali raccolti, nonché razionalizzare e semplificare il contesto normativo. Anche in considerazione della discussione sul nuovo pacchetto sull’economia circolare, è necessario superare i punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni, in modo da agevolare il riciclo di materiali che non comportano rischi ambientali effettivi”. Obiettivi ambiziosi, ma necessari; e raggiungibili, a patto di definire una strategia a tuttotondo che accompagni riduzione, riciclo, valorizzazione ed efficienza in tutte le fasi di gestione.
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