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Ambiente
Questa la cifra monstre spesa dagli italiani per il servizio di gestione dei rifiuti urbani, con un aumento del 22,6% negli ultimi cinque anni. Lo rivela un'analisi di Confartigianato, sulla base del Rapporto Rifiuti Urbani 2015 dell'ISPRA.
Gestione dei rifiuti, ma quanto ci costi? Secondo una rilevazione di Confartigianato, negli ultimi cinque anni le tariffe relative alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti urbani sono aumentate del 22,6%, il 12,8% in più rispetto alla crescita media del costo di questo servizio (+9,8%) registrata nell'Eurozona. 168,14 euro è la cifra pro capite che, moltiplicata per la totalità degli italiani, rivela una spesa complessiva che lascia il segno: 10,2 miliardi di euro.
L'analisi si basa su una rielaborazione dei dati espressi nel Rapporto Rifiuti Urbani 2015 dell' ISPRA che, oltre a fornire dati quantitativi e qualitativi aggiornati su produzione e raccolta differenziata a livello nazionale, regionale e provinciale, riporta informazioni in merito al monitoraggio dei costi dei servizi di igiene urbana e dell'applicazione del sistema tariffario.
I risultati che ne derivano sono poco confortanti: non solo in termini economici, ma anche considerando le coscienze verdi dei cittadini, a grave rischio frustrazione. A dispetto delle petizioni promosse da Legambiente e altri gruppi ambientalisti negli anni scorsi ( “Chi inquina paga, chi produce meno rifiuti deve risparmiare” era il focus dell'appello), il dato che emerge è infatti che attualmente la tassa dei rifiuti non sempre corrisponde alla quantità di rifiuti prodotti, ma subisce l'influenza di costi fissi che vanno a incidere pesantemente sugli importi.
Inoltre, secondo quanto riportato da Confartigianato, a un aumento delle tariffe di frequente corrisponde, a livello geografico, una peggiore qualità del servizio. In testa alla classifica delle regioni, infatti, svetta il Lazio, dove ai 214 euro di costi per abitante (+27% rispetto alla media nazionale) corrisponde la più alta percezione di sporcizia delle strade.
A poca distanza, segue la Liguria con 211,75 euro/abitante (25,9% in più rispetto alla media nazionale), poi la Toscana con 208,25 euro/abitante (23,9% più della media), la Campania con 205,02 euro/abitante (superiore del 21,9% rispetto alla media italiana), l'Umbria con 190,23 euro pro capite (+13,1%) e la Sardegna con 188,90 euro per abitante (+12,3% rispetto alla media nazionale).
La classifica dei meno “vessati” premia invece il Molise, dove i cittadini pagano 123,12 pro capite per il servizio di igiene urbana. Il secondo posto è occupato dal Trentino Alto Adige con un costo di 128,60 euro pro capite, mentre chiude il podio il Friuli Venezia Giulia, con un costo per abitante di 127,92 euro.
L'impennata è stata registrata specificatamente negli anni 2012-2015, traducendosi in un rincaro del 12,5%, che tradisce una differenza del 7,4% in più rispetto alla media degli aumenti nell’Eurozona, fermi al +5,1%. Colpa del costo della vita? Non esattamente, visto che l'inflazione, nel periodo preso in esame, ha subito una crescita inferiore addirittura di nove volte e mezzo.
Alla luce di questi dati e di una produzione di rifiuti che torna a essere in crescita ( 83 mila tonnellate in più nel 2014 rispetto al 2013 corrispondono a un incremento di 0,3%, in contrasto con il trend di riduzione del triennio precedente), risulta chiaro come il meccanismo di raccolta, gestione e smaltimento di rifiuti sia perfettibile secondo standard di sostenibilità che consentano un sistema contributivo basato su efficienza e meritocrazia.
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