Il 2015 è l’anno record: un momento storico per il clima globale
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Il 2015 è l’anno record: un momento storico per il clima globale

Il 2015 si sta rivelando l’anno record per l’aumento delle temperature e della concentrazione di CO2 nell'atmosfera. Dalla COP21 arriva il richiamo a un’azione immediata per mitigare gli effetti disastrosi del riscaldamento globale.

Secondo i dati diffusi dall'Agenzia meteorologica degli Stati Uniti - Noaa nel 2015,  la temperatura media globale è stata la più alta degli ultimi 136 anni, raggiungendo gli 0,88 gradi centigradi in più rispetto a quanto registrato nel corso del XX secolo. Questi indici ci prospettano un percorso pericolosamente breve verso l’aumento di 2,0 °C della temperatura media rispetto all'era preindustriale, ritenuto da più parti insostenibile in termini di costi umani, ambientali e economici. 

Hoesung Lee, Direttore generale dell’IPCC, nel discorso di apertura tenuto alla COP21 lo scorso 1 Dicembre, riassumendo quanto riportato nel quinto e più recente Rapporto pubblicato dalla sua Organizzazione, ha ricordato come ormai non ci siano più dubbi sull'origine antropogenica dei cambiamenti climatici e che non ci siano più i tempi per rimandare ulteriormente la transizione, definita indispensabile, verso la stabilizzazione a livello globale di un modello economico low- carbon. 

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A conferma della necessità impellente di un’azione diretta, dagli studi dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale - WMO, emerge che per l'anno in corso la concentrazione di CO2 nell'atmosfera, supererà la barriera di 400 parti per milione (ppm). Nell'era preindustriale la concentrazione media era di 278 ppm ed è scientificamente condiviso quanto la soglia di 350 ppm rappresenti la barriera di sicurezza per impedire un impatto incontrollabile sul clima mondiale. 

Al riscaldamento globale di causa antropogenica si uniscono, in rapporto reciproco con i cambiamenti climatici, le oscillazioni de El Nino, fenomeno climatico periodico che, quest’anno, da quanto dichiarato dall'WMO, ha causato gli impatti più forti degli ultimi 15 anni. Dal 1995, anno dell’edizione della COP1, i disastri climatici hanno causato la perdita accertata di 606,000 vite umane e comportato ferite e/o perdite di vario genere a circa quattro miliardi di persone.  

I danni legati ad eventi climatici estremi si ripercuotono infatti in tutti i continenti e in tutti i settori della società. Secondo l’UNEP, per salvare vite umane e ridurre i danni economici e all'ambiente, l’azione di contrasto ai cambiamenti climatici deve essere orientata su tre livelli: l’abbattimento delle emissioni, lo sviluppo di tecniche di adattamento produttive e infrastrutturali, nonché la diffusione di sistemi di allerta in grado di informare e supportare le popolazioni più vulnerabili nei momenti di maggiori crisi ambientale. 

In quest’ottica si inserisce l’accordo per istituire un fondo volto all'implementazione di Sistemi di allerta per i rischi climatici, (CREWS), a favore dei paesi meno equipaggiati. Siglato lo scorso 2 Dicembre a Parigi, dai Governi di Australia, Canada, Francia, Lussemburgo, Olanda e Germania, auspicabilmente questo intervento dovrebbe costituire uno dei primi passi da intraprendere affinché alla COP21 si stabiliscano soluzioni e opportunità concrete per affrontare in maniera decisa le sfide climatiche del riscaldamento globale.

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