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The Arctic Arts Project, un progetto fotografico durato tre anni, ha reso possibile documentare con gli scatti di Kerry Koepping gli effetti del cambiamento climatico nelle regioni artiche.
Che il riscaldamento globale esista e sia attualmente in corso sembra non essere più in discussione: abbandonati gli angoli più scuri delle aule di dibattito, l'argomento ha recentemente guadagnato le luci della ribalta, tanto che finalmente persino personalità del calibro del Presidente degli Stati Uniti Barak Obama, recentemente in viaggio in Alaska, e Papa Francesco si esprimono attivamente sul tema. Senza dimenticare le battaglie dei gruppi ambientalisti, che non fanno mancare il loro costante impegno sul campo: è notizia di questi giorni, ad esempio, che grazie alla campagna di Greenpeace #SavetheArctic, il colosso petrolifero Shell abbia deciso di abbandonare le trivellazioni nell'Artico.
Spesso, tuttavia, i racconti in terza persona e i dati numerici più oculati non bastano a comunicare l'urgenza di un problema e da più parti ci si interroga come rendere visibile a tutti un mutamento tanto lento da apparire impercettibile, come quello del cambiamento climatico. Risposte efficaci possono venire dall'arte. Il progetto fotografico Arctic Arts Project, ad esempio, è nato con l'intento di catturare il cambiamento nel corso di 36 mesi laddove il processo è più rapido e inesorabile, nell'Artico appunto, e mostrarlo a tutti tramite immagini in progressione. Con questo scopo, il fotografo Kerry Koepping ha compiuto quindici viaggi in Canada, Groenlandia, Islanda, Norvegia, Alaska, immortalando i ghiacci in costante mutamento.
"Penso sia importante che l'Artico abbia una voce" - ha dichiarato Koepping che, nonostante la sua esperienza ultra-trentennale come fotografo di paesaggi, era alla sua prima esperienza con un progetto ambientalista. "Una voce che non sia basata su convinzioni politiche o su interessi economici. Qui c'è l'aspetto visivo, ci sono i dati, ora puoi decidere come influenzerai il cambiamento". Ha inoltre aggiunto: "Quando fotografo l'Artico, mi sintonizzo con le trame nascoste all'interno del soggetto e cerco di comunicare a mia volta questa sensazione all'osservatore. Percepisco un senso di responsabilità, sapendo che potrei essere una delle pochissime persone sulla Terra a esserne testimone".
Davanti all'obiettivo della macchina fotografica, per tre anni si sono susseguiti scorci meravigliosi, portatori di verità palesi e poco confortanti come l'innalzamento delle temperature, la fusione dei ghiacci, il mutamento di interi ecosistemi. Gli ultimi dati riportati sul sito del progetto riferiscono come lo scorso febbraio i ghiacci del Mar Glaciale Artico misurassero mediamente 14,41 milioni di km2, il terzo febbraio "meno ghiacciato" di sempre: 940.000 km2 in meno rispetto alla media, riferita agli anni dal 1981 al 2010, di 15,35 milioni di km2 di estensione.
Con l'Assemblea del Circolo Artico (Reykjavik, 16-18 ottobre) e, soprattutto, con la COP21 di dicembre a Parigi alle porte, non mancheranno le opportunità per portare alla luce le maggiori problematiche in ambito climatico e per provare finalmente a trovare soluzioni comuni davvero praticabili ed efficaci. Immagini potenti come quelle dell'Arctic Arts Project daranno incentivo, memoria e supporto visivo allo scopo.
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13 Aprile 2024Iscriviti alla nostra Newsletter!
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