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Secondo un'analisi del Centro Studi di Intesa Sanpaolo, la bioeconomia avanza, generando un valore di oltre 1200 miliardi di euro nei cinque paesi europei presi in esame. L'Italia è al terzo posto, con 241 miliardi di euro di valore e 1,6 milioni di occupati.
Un'economia ecologicamente e socialmente sostenibile, basata sull'utilizzo di biomateriali e risorse naturali rinnovabili: in una una parola, bioeconomia. Un modello economico alternativo a quello tradizionale, rispettoso dei limiti di crescita di un pianeta finito, che si sta via via trasformando in un'opportunità reale in termini di occupazione e mercato.
Un'analisi realizzata dal Centro Studi di Intesa Sanpaolo ha rivelato che la bioeconomia è in espansione, con un valore che supera i 1200 miliardi di euro e quasi 7,5 milioni di occupati complessivi nei cinque paesi dell'Unione Europea presi in esame: Italia, Spagna, Francia, Regno Unito e Germania. Impiegando nel settore 1,6 milioni di persone e generando un valore pari a 241 miliardi di euro, in questo panorama il nostro paese si piazza al terzo posto, dopo la Germania (il cui valore di produzione è pari a 330 miliardi di euro) e la Francia (con i suoi 295 miliardi). Chiudono la classifica la Spagna, 186 miliardi, e il Regno Unito, 155 miliardi.
I risultati della ricerca sono stati rielaborati e pubblicati da Materia Rinnovabile, magazine di Edizioni Ambiente specializzato in bioeconomia ed economia circolare. In un articolo dedicato, la rivista indaga con le due autrici del rapporto Intesa Sanpaolo, Stefania Trenti e Serena Fumagalli, il percorso intrapreso per giungere alle cifre finali: "La quantificazione del valore della bioeconomia è stata condotta utilizzando le statistiche ufficiali a disposizione sia sul valore della produzione e dell'occupazione sia per quanto riguarda i dati di commercio con l'estero. Per quanto concerne agricoltura, silvicoltura, pesca, alimentare e industria del legno e della carta le statistiche ufficiali mettono già a disposizione i principali dati. Più complesso, invece, è stato stimare il contributo fornito dal settore chimico".
Questi, dunque, classificazioni e parametri presi in considerazione. Ampliando il suo raggio d'azione oltre i confini europei, lo studio ha reso noti per la prima volta anche i numeri delle esportazioni mondiali: nel 2012, anno in cui l'Unione Europea ha lanciato la propria strategia di settore, l'export globale di prodotti della bioeconomia ammontava a 2.100 miliardi di dollari, ovvero l'11,4% dell'intero commercio. Una percentuale in forte espansione, se si pensa che nel 2007 era quantificata nell'8,9%. La filiera agroalimentare nel suo complesso raggiunge i due terzi del totale, seguita dai biochemicals, prodotti chimici attualmente ricavati da fonti rinnovabili, che pesano per il 16% delle esportazioni. Stati Uniti, Germania, Olanda e Francia figurano tra i principali esportatori, cui si sommano Cina e Brasile con quote superiori al 4% del totale delle esportazioni mondiali.
Per quel che riguarda le importazioni, invece, nel 2012 la principale attrice è stata la Cina, con una quota vicina al 10% del totale; seguono i paesi del G7, l'Olanda e il Belgio. Secondo il Centro Studi di Intesa Sanpaolo il 2012 rappresenta, per il mercato globale, l'ultimo anno con statistiche di commercio sufficientemente popolate e, quindi, attendibili. Visto il trend positivo rilevato nei paesi europei esaminati, tuttavia, esistono i presupposti per guardare con ottimismo al futuro prossimo della bioeconomia mondiale.
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