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E' stata depositata la mappa dei siti adatti ad ospitare il deposito unico per le scorie nucleari, che dovrà raccogliere gli scarti di tutta la Nazione per la loro messa in sicurezza.
Dopo il parere negativo espresso tramite referendum, la Sardegna continua a ribadire ad alta voce il suo "no" alla possibilità di accogliere le scorie radioattive di tutta Italia tramite la realizzazione di un deposito unico. Il rischio, però, che tale voce resti inascoltata è ancora alto: il 2 gennaio Sogin, la società incaricata di smantellare gli impianti nucleari e di gestirne i rifiuti, ha consegnato la mappa dei possibili siti adatti ad ospitare il deposito, ma il contenuto del documento verrà reso pubblico soltanto tra due mesi.
L'individuazione di un sito idoneo procede dunque in modo puntuale verso il traguardo di giugno 2015, quando un seminario nazionale permetterà di selezionare in via definitiva il luogo di realizzazione. Il percorso è complesso e l'argomento è delicato: il caso sardo è solo un esempio delle prese di posizione pubbliche da parte degli abitanti dei potenziali siti selezionati, le quali vanno oltre il fenomeno Nimby e si arricchiscono di timori per la sicurezza ambientale.
La minore probabilità di rischio è uno dei fattori chiave alla base della realizzazione della mappa dei siti idonei: i circa cento luoghi identificati sono stati individuati escludendo lagune, zone protette, miniere, dighe, poligoni di tiro e tutte le aree con una delle seguenti caratteristiche: sismiche; soggette a frane o ad alluvioni; sopra i 700 metri di quota, sotto i 20 metri di quota; a meno di 5 chilometri dal mare; a meno di un chilometro da ferrovie o strade di grande importanza; vicino alle aree urbane; accanto ai fiumi.
La consegna della mappa da parte di Sogin, ora, passa la palla all'Istituto per l'ambiente, il quale ha due mesi di tempo per trasmetterla ai ministeri competenti. Essi, a loro volta, avranno altri trenta giorni per il nulla osta e per la pubblicazione ufficiale della mappa e del progetto preliminare. A questo punto si aprirà una fase, forse la più delicata, di consultazione pubblica e di confronto con tutte le amministrazioni locali, fino alla decisione finale attesa per giugno.
Il sito si estenderà su una superficie di circa un chilometro quadrato, suddiviso in due blocchi. Il primo sarà destinato alla realizzazione del deposito di superficie, nel quale barili contenenti le scorie verranno avvolti in tre diverse protezioni di calcestruzzo e cemento, messi in celle sigillate e ricoperti con vari strati di materiale impermeabile. Il secondo, invece, sarà destinato alla realizzazione di un parco tecnologico che diventerà un centro di ricerca specializzato nel campo del decommissioning e aperto a collaborazioni internazionali. Il progetto completo ha un costo stimato compreso tra 1.2 e 2.5 miliardi di euro.
Una volta raggiunto, il traguardo di giugno si trasformerà nell'inizio di un nuovo percorso: superato lo scoglio dell'individuazione del sito più idoneo si potrà dare inizio ai lavori, mentre per vederne la fine si dovrà aspettare, secondo le stime, almeno il 2022. Il deposito, i dibattiti e anche le proteste sono solo all'inizio.
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