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L'assenza di misure a favore delle fonti rinnovabili all'interno del Decreto Sblocca Italia ha aperto un interrogativo: è possibile un futuro alimentato ad energia "verde"?
In Italia, le fonti rinnovabili coprono oltre il 40% del fabbisogno energetico (dati Rapporto mensile Terna). Eppure, il Decreto Sblocca Italia recentemente approvato sembra voler puntare su un'inversione di rotta, tagliando il sostegno a questo settore in favore di nuovi incentivi per lo sfruttamento delle risorse petrolifere.
A destare maggiori proteste, in particolare da parte delle associazioni ambientaliste, è stata la decisione di favorire gli interventi di ricerca ed estrazione di idrocarburi sul territorio italiano, nonostante i giacimenti di petrolio e gas siano limitati.
A sottolineare gli effetti negativi sullo sviluppo delle rinnovabili di tali incentivi è anche il mondo accademico: un gruppo di ricercatori e studiosi, guidati dal professor Vincenzo Balzani, ha recentemente scritto una lettera aperta al Governo in merito alla necessità di puntare sulla riduzione dei consumi e sull'efficientamento elettrico, continuando a favorire lo sviluppo delle rinnovabili.
Eppure, l'era degli incentivi e dei grandi investimenti nelle rinnovabili sembra essere vicina al tramonto anche dirigendo lo sguardo oltre i confini nazionali e osservando le posizioni del resto d'Europa. In particolare, non teme di far sentire la propria voce e di esprimere una netta posizione Eurelectric, l'associazione degli industriali dell'elettricità europea.
Secondo l'associazione, la rapida crescita delle rinnovabili richiede la loro equiparazione sul mercato alle altre fonti di produzione energetica, ovvero quelle fossili, proprio perché la risposta al fabbisogno energetico non può prescindere da esse. Il problema ruota intorno ad un pilastro principale, quello della variabilità.
Il più grande ostacolo relativo alla produzione energetica da fonti rinnovabili, come il sole e il vento, è l'impossibilità di garantire un flusso di produzione costante e slegato dalle variabili metereologiche. Di conseguenza, sostiene l'associazione, è importante introdurre dei sussidi che possano incentivare non la quantità di energia prodotta, quanto piuttosto la disponibilità delle centrali a gas di entrare in funzione quando necessario.
Questa chiave di lettura si contrappone a quanto richiesto da esperti e associazioni ambientaliste, ovvero la concentrazione degli sforzi al fine di sfruttare appieno e in modo strategico le fonti di produzione elettrica verdi europee, ad oggi caratterizzate da una dislocazione disomogenea e non ben coordinata. Una migliore organizzazione delle reti e sistemi di accumulo più efficienti potrebbero offrire una più costante disponibilità energetica, in modo omogeneo sul territorio internazionale e tale da rispondere alle effettive esigenze delle diverse aree. In questo modo, anche la necessità di soluzioni alternative e d'emergenza risulterebbe limitata.
Con una rapidissima ascesa delle rinnovabili, tale da cambiare completamente i connotati del mercato, ci si trova a dover fare i conti con un equilibrio difficile da trovare. La risposta, al momento, sembra unanime: cercare la stabilizzazione mettendo un freno alla corsa dell'energia "verde". Ora non resta che fare luce sulle conseguenze: si tratta di un periodo di transizione, oppure siamo di fronte ad un arresto decisivo e alla rottura del sogno energetico abbondantemente nutrito in questi anni?
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