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Il boom di installazioni registrato negli ultimi anni apre interrogativi urgenti sulle modalità di raccolta, gestione e recupero dei materiali che compongono i pannelli.
Per poter esser considerato ecosostenibile, qualsiasi prodotto deve passare attraverso la valutazione di tutte le fasi del suo ciclo vitale, dalla produzione allo smaltimento. Non fanno eccezione i pannelli fotovoltaici, strumenti di produzione energetica più diffusa per quanto riguarda le fonti rinnovabili, ma non per questo privi di impronta sull'ambiente.
Con una diffusione in rapida crescita in tutto il mondo, i pannelli fotovoltaici costituiscono un importante strumento di produzione energetica e la più promettente risorsa alternativa alle fonti non rinnovabili. Il loro smaltimento, dunque, non può venire preso sotto gamba, soprattutto se si considera che, in futuro, si dovrà fare i conti con quantità di rifiuti in grande aumento. La durata media di vita di un pannello è pari a 25 anni: non ci vorrà ancora molto prima di dover fare i conti con i rifiuti derivanti dal boom di installazioni registrato nel corso degli ultimi anni.
Quantificare le dimensioni del fenomeno dal punto di vista dei rifiuti non è semplice: ne ha dato recentemente nota Filippo Zuliani in un articolo per il portale iMille, nel quale sottolinea come, in Italia, il 90% degli impianti sfrutti la tecnologia a silicio cristallino, per circa 80 kg di rifiuti prodotti ogni kilowatt di potenza installata.
I principali rischi costituiti dai pannelli fotovoltaici risiedono nell'utilizzo, seppure in percentuali contenute, di materiali tossici per l'ambiente e per l'uomo, ovvero cromo, piombo, cadmio, selenio. Dal punto di vista della ricerca e dello sviluppo tecnologico, qui risiede la principale sfida: riuscire ad ottenere pannelli efficienti e privi di componenti tossici per ridurre l'impatto ambientale.
Un ulteriore campo in necessità di sviluppo è quello del riciclo dei materiali: la maggior parte dei materiali che attualmente compongono i pannelli può essere destinata al riciclo, ma le operazioni risultano ancora difficoltose e molto costose, lasciando non pochi timori per il boom dei rifiuti fotovoltaici previsto intorno al 2030 e negli anni a seguire, come riporta il recente studio “Impatto ambientale dei rifiuti fotovoltaici” pubblicato dal Centro Ricerche Enea.
Lo studio mette in luce una ulteriore criticità che è necessario superare nel minor tempo possibile, per poter dare vita ad una filiera dello smaltimento dei rifiuti fotovoltaici in grado di fronteggiare il repentino aumento delle quantità di scarti: la definizione di una procedura idonea per la classificazione dei moduli fotovoltaici in funzione della tossicità osservata, per una gestione organizzata e in grado di gestire al meglio ogni tipo di materiale.
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