La sostenibilità del gruppo Kering passa anche dalla comunicazione via Twitter
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La sostenibilità del gruppo Kering passa anche dalla comunicazione via Twitter

Siamo di fronte a un cambio di paradigma, dice François Pinault: la sostenibilità non è questione di filantropia ma di business e... di risk management.

Probabilmente a molti il nome Kering dice poco. Esplorando il sito di questo gruppo multinazionale, si scopre che dietro questo nome si celano brand del calibro di Gucci, Bottega Veneta, Brioni, Sergio Rossi. Ebbene si, Kering è sinonimo di lusso e fashion. E negli ultimi anni anche sinonimo di sostenibilità

L’orientamento di François Pinault, magnate del gruppo, è chiaro: “siamo a un cambio di paradigma”, ha dichiarato recentemente. E per questo è stato ripensato il modus operandi di tutte le  aziende.

Nel caso in esame, il cambio di paradigma per Kering non si basa su aspetti di filantropia, ma diventa un vero e proprio fattore di sviluppo del business. Gli obiettivi di sostenibilità sono chiari, condivisi a tutti i livelli della struttura e comprendono non solo le emissioni, i consumi elettrici e l’impronta idrica ma anche gli aspetti di sostenibilità sociale di tutta la supply chain.

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Kering ha - quindi - applicato in modo perfetto il paradigma della sostenibilità: revisione dei processi e dei prodotti a tutti i livelli, interni ed esterni. Lo stesso “comitato” che governa tutte le politiche di sostenibilità ha lo stesso peso degli organi societari più importanti, a testimoniare ulteriormente il peso che questi driver hanno in tutte le scelte strategiche e operative del Gruppo.

E proprio il controllo della sostenibilità della supply chain rappresenta un elemento chiave che non ha solo ritorni positivi in chiave etica ma anche, e soprattutto, in ottica di gestione del rischio. Per questo il Gruppo ha sviluppato uno strumento gestionale in grado di misurare i costi e le economie derivanti dalla corretta gestione sostenibile delle filiere: dall’estrazione delle materie prime fino alla distribuzione dei prodotti.

La grande rivoluzione però non sta nello strumento, ma nel fatto che Kering abbia scelto di condividere con tutti, anche i competitors, non solo i risultati ma anche le metodologie. Anche su questo fronte l’orientamento di Pinault è chiaro: “se vogliamo cambiare il paradigma, dobbiamo avere tutti le stesse possibilità”. Il trionfo della sharing economy, il primo passo verso l’evoluzione da social responsibility a sharing value.

Una condivisione che passa anche dall’engagement esterno sui temi della sostenibilità e che passa quindi anche dalla comunicazione. Anche su questo fronte Kering ha dimostrato di essere un passo avanti, sfruttando le dinamiche social, e in particolare la piattaforma Twitter, per dare voce agli stakeholders.

In particolare è stata organizzata una live chat durante la quale tutti gli utenti, tramite l’hashtag #keringlive, hanno avuto la possibilità di intervenire sulle tematiche della sostenibilità con idee, spunti e commenti. Una miniera di informazioni e dati, che da una parte soddisfa la volontà dei clienti di non essere solo consumer ma prosumer (ovvero essere protagonisti nei processi dell’azienda), dall’altra offre all’azienda un ampio supporto da utilizzare come benchmark per la propria strategia.

E così per il secondo anno consecutivo, il Gruppo Kering è risultato leader, nel settore moda, nella classifica del Dow Jones Sustainability Indices.

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