Università sostenibili

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Lo scorso 10 giugno, si sono riuniti a Venezia i partecipanti al primo meeting della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile.

La finalità principale della cosiddetta RUS - Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, è la diffusione della cultura e delle buone pratiche di sostenibilità sia all’interno che all’esterno degli atenei. Nella sala dell’Auditorium Santa Margherita, si sono incontrati, tra gli altri, la ministra Valeria Fedeli, Michele Bugliesi, Rettore dell’Univeristà Cà Foscari, ed Enrico Giovannini, portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

Diversi i punti in agenda per realizzare un progetto basato su trasversalità e multidisciplinarietà: dalla creazione di una community esterna ed interna a collaborazioni con istituzioni pubbliche e private; da progetti di formazione ad azioni di sensibilizzazione.

Un bel giorno”, per utilizzare parole e speranze di Enrico Giovannini, che possedeva le basi per diventare “grande” nel momento in cui il Consiglio dei Ministri avesse approvato la Strategia Italiana di Sviluppo Sostenibile. Speranze accolte pochi giorni dopo: il 18 di luglio, il ministro Galletti ha presentato all’ONU il programma approvato nei suoi punti cardine di governance, monitoraggio e quantificazione.

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Una strategia che ha fatto il suo ‘esordio’ internazionale proprio mentre l’Italia e il suo patrimonio naturale sono ostaggio di incendi incontrollabili ai quali non sembra si riesca a porre rimedio.

Da due anni ci siamo dotati della legge sugli ecoreati”, ricorda Galletti: una vittoria sudata che ora garantirà pene più severe anche per i piromani. Tuttavia, visto che a Venezia si è parlato di istruzione, viene da chiedersi se non siano altrettanto importanti i programmi formativi che rafforzino la coscienza ambientale, vero antidoto contro queste condotte.

Dall’anno scolastico 2015/2016 è previsto l’insegnamento della materia di educazione ambientale ma, ad oggi, il programma non è mai decollato. Manca la ‘formazione dei formatori’, visto che non esistono corsi propedeutici per preparare gli insegnanti ad una materia così complessa la quale, tra l’altro, dovrebbe essere inserita all’interno dei preesistenti programmi curriculari che offrano contesti didattici coerenti con i suoi elementi essenziali. Solo più avanti -quando non è dato sapere- arriveranno le ore esclusivamente dedicate.

La ministra Fedeli ha parlato “della presentazione di un programma valido per tutto il percorso di formazione”; parimenti, anche il Rettore della Cà Foscari ha definito necessaria la creazione di una “base di alfabetizzazione scientifica” al fine di “capire e accettare i fatti e non negarli”.

Un bel progetto, quindi, che però al momento sembra rivolto solo alle cosiddette eccellenze (che possiedono anche la forza economica per la sua attuazione) ma è bene ricordare che le rivoluzioni culturali -e l’Italia ne ha un gran bisogno- partono dal basso, dai banchi delle scuole elementari pubbliche e non dai centri di alta formazione.

Contrariamente, rischiamo di avviare il solito programma che punta in alto senza formare la necessaria base, rimanendo con un Paese che fa viaggiare il manager sul Frecciarossa e dimentica il pendolare intrappolato in carrozze degli anni ’80.

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