Le morti premature del clima che cambia
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Le morti premature del clima che cambia

Le morti premature sono forse la conseguenza più drammatica del cambiamento climatico, un’evidenza che governi e gente comune rifiutano di comprendere.

Quante morti premature costa il cambiamento climatico? Le cifre che si rincorrono da diversi anni sono tanto mostruose da rendere irrilevante l’elencarle. Le emissioni alla base del climate change e il loro incrementare gli agenti inquinanti in atmosfera alimentano altri effetti collaterali, come il diffondersi di malattie, le desertificazioni, la denutrizione. Tutti pericoli ai quali i fisici fragili dei neonati sono maggiormente esposti.

Eppure i richiami di organismi come l’OMS rimangono inascoltati. I governi sembrano trincerarsi dietro l’accordo di Parigi che, per quanto rappresenti una straordinaria presa di coscienza politica, non ha vincoli di attuazione; e la gente comune rifiuta di accettare una realtà ormai sotto gli occhi di tutti.

La siccità che sta colpendo il nostro Paese, è emblematica: anche se è la più grave degli ultimi 200 anni, ce ne dimenticheremo ai primi freschi, facendo finta di non vedere la connessione tra i fenomeni, voltandoci dall’altra parte, in parte colpevoli ed in parte incapaci di comprendere un mutamento tanto drastico.

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I nostri sensi ci ingannano” scrive Stefano Caserini nel suo ultimo libro “Il Clima è (già) cambiato”, mentre analizza le giustificazioni che bloccano la nostra umana comprensione, troppo piccola per relazionarci ad eventi che si manifesteranno appieno in un futuro che non vedremo.

Relegate in confini di Paesi dei quali fatichiamo a pronunciare il nome, le migliaia di bambini che perdono la vita ancora prima di poterla comprendere, ci sfiorano per poco. Ci mandano di traverso il boccone durante il tg di mezzogiorno e poi vengono scacciati perché il cervello non realizzi che la distanza geografica e di destino che separa i nostri figli da quelle realtà, non è poi così grande.

Risalendo l’archivio dell’OMS, si trovano pubblicazioni che legano i cambiamenti climatici ai rischi per la salute fin dal 2009. Ma, forse, l’infografica più efficace, è quella in cui si elencano soggetti e luoghi più a rischio: “everyone, everywhere”. Chiunque, dovunque.

Perché, alla luce di tutto questo, i cambiamenti climatici interessino così poco, è ancora un apparente mistero. La gente comune ondeggia tra paura e rifiuto e se parliamo di salute e di bambini, entriamo in un autentico campo minato: non c’è molta differenza tra gli studi dell’OMS e i recenti allarmi medici. La scienza è una beffa e lo studioso che cerca di spiegarci i benefici dei vaccini ha meno credibilità dell’amico tuttologo, il quale, anzi, è benemerito perché non è mosso da interessi collaterali.

Quindi è tutto logico, nella sua illogicità: ha senso che gli allarmi cadano nel vuoto, che i governi si ostinino a spremere le ultime risorse di fonti non rinnovabili e che le persone, nel loro piccolo (che piccolo non è affatto) continuino ad evitare comportamenti meno impattanti, a disprezzare, deridere e persino temere il lavoro di scienziati e ricercatori.

In tutto questo, ci sono anche organi di informazione che sminuiscono o aggravano la situazione sfruttando il catastrofismo alla ricerca di un click in più, mentre le cifre dei decessi di vite appena cominciate continuano a rincorrersi e soprattutto a superarsi.

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