Il futuro dei parchi: il ddl di riforma tra dubbi e contrasti

Il futuro dei parchi: il ddl di riforma tra dubbi e contrasti

Portata all’attenzione della Camera, la modifica della Legge quadro sulle Aree protette ha diviso esperti ed associazioni fin dalla sua prima stesura.

Le innovazioni che il Legislatore del 2017 ha apportato alla Legge 394/91, si presentano come estremamente complesse e foriere di molte novità di carattere economico ed amministrativo. Le associazioni ambientaliste hanno espresso non poche preoccupazioni a riguardo e il dibattito con chi difende le modifiche alla legge, si è fatto acceso fin da subito.

Di sicuro Federparchi si schiera a favore e ha trovato, in chi amministra quelle stesse realtà, voci a sostegno della propria posizione. Vittorio Alessandro, presidente del Parco delle Cinque Terre, in un’intervista su Parks.it, sottolinea come alla base delle posizioni di chi non accetta una riforma “affatto peggiorativa”, ci possa essere una sorta di paura del cambiamento, figlia di un allarmismo “talvolta emergente nel mondo ambientalista che, quando infondato, si rivela infine controproducente".

Luigi Bertone, ex direttore di Federparchi e presidente del Parco regionale Ticino Lombardo, ha difeso la legge attraverso una lunga analisi giudicandola migliorativa e arrivando persino a chiedersi se certi attacchi “servono a salvare parchi nazionali falsamente minacciati o a salvare rendite di posizione?”.

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Una delle prime grandi mobilitazioni contro la riforma risale al gennaio 2016. 17 associazioni ambientaliste tra cui FAI, Club Alpino Italiano, Greenpeace e Marevivo, rispondendo all’appello di Francesco Mezzatesta (ex Segretario generale Lipu), Giorgio Boscagli (ex Direttore del Parco Regionale Sirente-Velino e del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi) e 30 esperti di ecologia e gestione delle aree protette, hanno firmato un documento congiunto che invitava alla messa in discussione del ddl.

Nei giorni scorsi, Dante Caserta, presidente di WWF Italia, ha affidato ad un comunicato stampa la posizione della propria associazione: “Mentre il Legislatore del ’91 con la Legge quadro sulle Aree Protette fu attento alle istanze che arrivavano dall’allora nascente mondo dello sviluppo e del turismo sostenibile, dalla comunità scientifica e dal mondo ambientalista, il Legislatore del 2017 si è prestato ad un’operazione aperta solo ad esigenze di palazzo che non ha tenuto conto delle osservazioni e delle richieste di modifica che arrivano dal mondo delle associazioni, dalla comunità scientifica e dalla società civile”.

Anche Codacons è pronto a presentare ricorsi e ha così espresso le sue perplessità “Il Codacons, associazione ambientalista riconosciuta dalla legge, attraverso i propri esperti ha esaminato le modifiche contenute nel ddl ed esprime oggi forti perplessità in merito a diversi aspetti. Il disegno di legge sui parchi è indiscutibilmente un passo indietro a partire dalle nomine istituzionali dei Parchi, l’inserimento di nuovi componenti che entrerebbero a far parte dei Consigli direttivi dei parchi e le relative rappresentanze demandate ad associazioni private […]. Il tutto a svantaggio della componente scientifica e conservazionista nonché delle dotazioni organiche e di sorveglianza già totalmente insufficienti all'interno delle aree protette nazionali e delle Aree Marine Protette. La legge di riforma farebbe rivivere altresì anche le norme che attribuiscono le decisioni sull’abbattimento e le demolizioni (insieme ai condoni) ai sindaci e al voto dei consigli comunali, nonché quelle sugli scarichi, rischiando di compromettere la tutela delle aree marine ed esponendo le stesse a facili abusi”.

Legambiente, nonostante le forti perplessità, evidenzia alcuni lati positivi: il previsto piano nazionale triennale riserverà almeno il 50% delle risorse disponibili alle aree protette regionali e alle aree marine, prevedendo il cofinanziamento regionale; ciò “consente di ristabilire una sede unitaria dove promuovere strategie coerenti di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico, primo fattore di perdita di biodiversità a livello globale, strategie affinché il nostro Paese raggiunga gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati in sede internazionale”.

Buona la norma che chiede attenzione alla parità di genere nelle nomine degli organi degli enti parco. Bene anche il rafforzamento dei divieti sulle attività di ricerca, estrazione e sfruttamento di idrocarburi, così come positivamente sono state accolte le misure sanzionatorie per le violazioni di legge nelle aree protette.

Nel comunicato stampa vengono inoltre considerate positive le “novità per la gestione delle aree marine protette, tra cui l’incremento di 3 milioni di euro dal 2018 per la gestione e il funzionamento delle aree istituite, e i criteri per la partecipazione al bando a evidenza pubblica per la selezione dei direttori. Positiva anche la norma che prevede dal 2018 il passaggio della gestione delle riserve statali alle aree protette in cui queste sono presenti o limitrofe, e quella che prevede di svolgere ogni tre anni una Conferenza nazionale sui parchi”.

Da migliorare la parte relativa alle Royalty: il meccanismo di risarcimento delle aree protette per i danni provocati dalle attività inquinanti. Il modello di pagamento proposto dalla Commissione della Camera, che cambia quanto definito al Senato, viene considerato peggiorativo soprattutto perché esclude alcune delle attività più impattanti come l’imbottigliamento delle acque minerali o l’attività delle funivie.

Vengono considerate non accettabili altre parti della normativa come l’esclusione dell’incarico di presidente di parco dall’applicazione della legge 95/2012, impedendo “a chi è in quiescenza - cioè riceve una pensione o un vitalizio - di assumere incarichi dirigenziali. Perché escludere i presidenti di parco da questa norma generale che nasce per dare la possibilità ai giovani di assumere incarichi di vertice nelle amministrazioni pubbliche?”

Sbagliata -ad avviso di Legambiente- anche la norma che permetterà ai parchi di non rispettare i limiti di spesa e i vincoli imposti ai bilanci per contenere le cosiddette spese inutili.

Probabilmente le modifiche introdotte sono troppe per numero e per varietà di campo. Le aree protette italiane avrebbero meritato riforme graduali e condivise piuttosto che un cambiamento tanto massiccio e repentino. L’iter è ancora lungo e le opposizioni di chi non approva il ddl rischiano di non trovare considerazione. La speranza è che da questi dibattiti nasca l’intenzione di ascoltare attentamente tutte le parti interessate così da giungere ad una soluzione condivisa che miri a tutelare l’ambiente tutelato dai nostri parchi.

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